La rivincita degli scartati e di quelli considerati di poco valore

Alvaro Morata, Paul Pogba e Kingsley Coman; Real Madrid, Manchester United e Paris Saint Germain. Forse vi domanderete perchè inserire quei tre calciatori nella stessa frase con accanto le loro tre ex squadre, ma un elemento imprescindibile li accomuna eccome. Alla lista possiamo aggiungere, tranquillamente, anche i nomi e i cognomi di Andrea Barzagli, Andrea Pirlo, Fernando Llorente e in parte quello di Carlos Tevez, tutti calciatori che sono stati scartati troppo facilmente, sono stati considerati di scarso valore e sono stati ritenuti controproducenti per la propria squadra, ma che adesso grazie al lavoro sodo e alla forte voglia di riscatto hanno saputo ribaltare il commento negativo che aleggiava su di loro.
Alvaro Morata, due volte miglior cannoniere degli Europei - Under 19 con sei reti e Under 21 con quattro - e con la miglior media realizzativa del Real Madrid nella Liga - un centro ogni 70' contro gli 82' di Cristiano Ronaldo -, nonostante queste credenziali viene ritenuto idoneo, in estate, ad una cessione con "recompra" poichè si ritiene più opportuno avere in rosa un giocatore dalle caratteristiche di Jesè Rodriguez, altro giovane talento madrileno. Ma mai nessuno, nel quartier generale blanco, avrebbe mai pensato ad un simile scherzo del destino: due tiri nella porta di Iker Casillas e due gol pesanti che condannano i campioni d'Europa ad abdicare in semifinale. Le due frecce di curaro scoccate dallo spagnolo - o Moratazo come ribattezzato in Spagna - hanno aperto una breccia non indifferente nel granitico muro delle merengues, abituati a fidarsi di costosi "galacticos" piuttosto che di "niños" cresciuti in casa.
Ma nemmeno Paul Pogba è riuscito ad evitare questa onta. Per fortuna, ovviamente. Ferguson fa di tutto per portarlo a Manchester dal Le Havre perchè intravede le sue doti, ma lo trascura e non lo fa giocare abbastanza. I non ottimi rapporti col suo agente, il famosissimo Mino Raiola, portano il "Polpo" lontano dall'Inghilterra e sempre più vicino all'Italia. In silenzio se lo accaparra la Juventus che lo centellina e gli da fiducia, sentimento mancato con "Fergie". Il numero 6 prende confidenza, si presenta allo Juventus Stadium con quell'eurogol al Napoli ed esplode letteralmente, diventando nel giro di pochi mesi un vero e proprio crack del calcio mondiale. La Juve se lo coccola, il Manchester lo rimpiange amaramente.
Non ha una storia ben delineata come i primi due, ma il discorso di base vale anche per Kingsley Coman. Nel dicembre del 2012 il francese, con la squadra del Psg giovanile, marca un gol ai bianconeri e si dimostra uno dei più bravi. Il ds Fabio Paratici ne rimane estasiato e complice la sensazione positiva già ravvisata in Coman negli altri tornei in cui lo aveva osservato. Ancelotti lo fa esordire in prima squadra a 16 anni, ma i parigini non credono abbastanza in lui; fattore che lo porterà a trasferirsi alla Juventus abile a fari spenti nel prelevarlo a costo zero soffiandolo alla Roma. Quest'anno ha disputato in maglia bianconera 558' con un gol all'attivo - contro il Verona in Coppa Italia - e seppur giocando poco ha dimostrato il proprio valore quando è stato chiamato in causa. Si vocifera che verrà girato in prestito la prossima stagione, ma il diciottenne sarà probabilmente il futuro della Juventus.
Andrea Barzagli, il muro bianconero, venne ceduto dal Wolfsburg alla Vecchia Signora per trecentomila euro nel gennaio 2011. Campione del Mondo a Berlino nel 2006, il difensore toscano si presentava a Torino con un curriculum di tutto rispetto ma il suo arrivo non venne sponsorizzato a dovere poichè quello era il periodo delle vacche magre. Ma è bastato vederlo in campo per capire che l'allora ventinovenne non era del tutto bollito, aggettivo che venne dato con più risalto ad un altro suo compagno di squadra. Pentito poi della scelta - "Ho sbagliato ad andare al Wolfsburg, non è il Bayern e nemmeno il fatto che abbiamo vinto lo scudetto ha avuto grande risalto. Ho pagato anche il ruolo" -, è tornato in Nazionale ed è divenuto, nel frattempo, il miglior difensore italiano.
Le disavventure di Andrea Pirlo sono conosciute persino i sassi: esordisce in Champions nell'Inter, va in prestito alla Reggina, è compagno di Roberto Baggio nel Brescia e approda al Milan dove da il meglio di se stesso. Vince due coppe dalle grandi orecchie, è protagonista nella vittoria del Mondiale sia nell'Italia che con il Milan e si aggiudica anche uno Scudetto oltre che una Coppa Italia. Ma gli acciacchi iniziano a farsi sentire e non trova più quella continuità che lo avevano sempre caratterizzato, dove il culmine avviene nel 2011; vive una stagione davvero sfortunata e gli infortuni patiti, oltre che un lauto stipendio ritenuto troppo esoso per le casse, spingono il Milan a cederlo. "Scomparso dagli alti livelli da due o tre anni", "Non può più giocare in Serie A, specie in una grande, e acquistato da una squadra di metà classifica", oppure (il migliore) "Grave errore del milan??? Scusate ma mi vien da ridere. Grandissimo campione ma in netta fase calante e solo un cieco può non vederlo": la lunga risata dei supporters milanisti - e anche juventini che non lo volevano in quanto ritenuto ormai anziano - orecchiata in estate trova la degna conclusione in autunno, quando il "Maestro" è artefice del primo Scudetto bianconero della gestione Conte. A trentacinque anni è ancora nel pieno della sua carriera, arricchisce i suoi trofei in bacheca e avrà la possibilita di poter alzare una nuova Champions tra meno di venti giorni. E non c'è miglior biglietto da visita da presentare nei confronti dei suoi detrattori.
Carlos Tevez e Fernando Llorente venne definita la coppia dei "top player" dell'estate 2013 bianconera. Definiti anche "flop player" perchè opachi in alcune amichevole, ad oggi a ripensare a quella definizione vien da ridere. L'argentino è arrivato a Torino dopo un infelice finale di esperienza al Manchester City, dove i troppi litigi con il manager Roberto Mancini lo avevano reso agli occhi della stampa uno "spaccaspogliatoio". E per di più il numero dieci bianconero aveva dei chili in più da smaltire, sintomo che quella maglia sarebbe pesata non poco sulle spalle dell'apache. Parole che riecheggiano un passato, circa ventidue mesi or sono, che sembra più remoto di decenni che prossimo. L'attaccante navarro, in rotta con l'Athletic Bilbao per il mancato rinnovo e non sostenuto più adeguatamente dal proprio pubblico, arriva alla Juve con l'etichetta di incognita. Ha giocato poco e non è altisonante, e all'inizio mister Conte lo impiega poco. Ma partita dopo partita, trovata la forma perfetta, Fernando diventa fondamentale nello scacchiere offensivo e oltre a conquistarsi il posto da titolare è decisivo con i suoi diciotto gol stagionali che lo rendono il secondo miglior cannoniere della squadra. Ora si è un po' perso, la sua stagione non è di certo stata al top quella 2014-2015; ma Llorente ha dimostrato la sua enorme voglia di riscatto dopo il trattamento ricevuto a Bilbao.
Un plauso, anzi un enorme applauso a scena aperta va fatta anche a Max Allegri, il condottiero che ha guidato i suoi ragazzi alle finali di Roma, Berlino e alla conquista del suo quarto scudo consecutivo. Contestato aspramente dai tifosi bianconeri a luglio e deriso da quell rossoneri perchè non ritenuto un grande tecnico, l'allenatore toscano ha saputo conquistarsi la fiducia e ha saputo mandare in pensione la figura di Antonio Conte nell'immaginario collettivo.