ESCLUSIVA TJ - Osvaldo Bagnoli: "Juve, la mia squadra del cuore da ragazzo.Conte è un grande allenatore, ma..."

Osvaldo Bagnoli, tecnico del Verona scudettato del 1985 e artefice delle imprese del Genoa nei primi anni '90 ci dice il suo punto di vista sulla Vecchia Signora. In esclusiva per TuttoJuve.
Osvaldo Bagnoli, segue ancora con interesse le vicende della serie A?
“Io non seguo più il calcio come una volta, chiaro. Quando allenavo dovevo guardare per capire certi avversari, era lavoro. Adesso invece le partite le guardo per piacere e chiaramente le squadre che ho allenato come Verona, Genoa e Cesena le seguo con un occhio di riguardo. Però non chiedetemi chi gioca stopper o chi gioca ala!”.
Il calcio rispetto ai suoi tempi è cambiato molto. Le piace ancora?
“Come il mondo è cambiato anche il gioco del calcio è cambiato. Uno deve prendere quello che c’è: si gioca con altri moduli, e si fanno altre cose e forse per quello che non guardo più le partite come prima (ride, ndr)!”.
Lei è stato il condottiero del Verona allo storico scudetto del 1985. Come ci riuscì?
“Si va in campo per giocare, per vincere. E il giocatore deve aver piacere di giocare, di farlo con grinta. Aggredire l’avversario è perché devi vincere la partita. Questo era lo spirito che volevo. La prima cosa che facevo quando cambiavo squadra era domandare ai giocatori “dove ti piace giocare?”. Cercavo di accontentare tutti, perché per esperienza personale quando ero centrocampista, che era il mio ruolo naturale, lo facevo con uno spirito, quand’ero ala con un altro spirito”.
Concetto molto semplice, alla fine
“Alla fine il calcio è molto semplice, quando mi capita andare in certi posti la prima cosa che dico è: divertirsi, soprattutto con i ragazzi. E per divertirsi non intendo andare a ballare fino alle 3 di notte. Quand’ero calciatore ci tenevo a giocare, se fai una vita sana hai più energia. Speravo lo facessero anche i giocatori e cercavo di far sì che le cose andassero in quella maniera”.
Conte con la sua Juve può ricordare in un certo senso il suo Verona?
“La Juve è una Società che era abituata a vincere gli scudetti, a Verona no, dovevamo puntare a salvarci. C’è in comune la forza del collettivo, dove anche il nostro era molto forte, coeso. Certamente lo scudetto della Juventus è grazie anche a quello che Conte a saputo trasmettere perché si vedeva che lui trasmetteva queste cose e poi è stato un grande giocatore e la cosa lo ha facilitato”.
Si rivede in Antonio Conte?
“Ritengo che sia bravissimo, lo vedi che sa trasmettere tantissimo alla squadra. Si capiva già in campo il suo modo di pensare. Magari certi comportamenti , certe frasi non mi piacciono. Sia chiaro, nessuno toglie che sia un grande allenatore ma sicuramente può avere atteggiamenti che potremmo farne a meno. Insomma, certe cose io le vedo in un altro modo, ma ho avevo e ho un carattere, lui ne ha un altro. Lo stesso Mourinho ad esempio è un grande tecnico ma i suoi atteggiamenti proprio non mi piacciono”.
Alla Juve è arrivato Bendtner, danese come il suo Elkjaer. Era davvero un “cavallo pazzo” come lo dipingevano?
“Elkjaer era un cavallo pazzo per certe cose ma in realtà era ed è una bravissima persona. Faceva il cavallo pazzo di proposito, scherzava, era esuberante. Ma guai a toccarlo a Verona, tutti ancora gridano “Elkjaer sindaco”. Un giocatore eccezionale, basti pensare che pur giocando nella nazionale danese e nel Verona riuscì ad arrivare secondo dietro Platini nella classifica del pallone d’oro”.
Qual è il suo rapporto con la Juve?
“Non tutti lo sanno, ma io sono stato da ragazzino tifoso proprio della Juve, la mia prima maglia da calcio era bianconera ed essendo di Milano non appena la Juve veniva a giocare andavo a vederla, all’epoca non c’era San Siro ma la potevo ammirare all’Arena. Poi, diventato calciatore e poi allenatore ovviamente ho iniziato a essere semplicemente tifoso della squadra per la quale giocavo o allenavo”.
Le piace questa Juve?
“Sicuramente è una squadra di grande valore, la difesa è quella della nazionale e il centrocampo anche, praticamente. E poi davanti c’è un giocatore come Vucinic che è davvero un grande. E poi c’è Conte che fa giocare la squadra in un modo che sembra quasi una squadra di provincia. Nel senso buono, ovviamente. Cioè, col coltello fra i denti”.
Domenica la Juve andrà a Marassi contro un’altra squadra del suo cuore come il Genoa
“Le dico una cosa: a Verona sono rimasto 9 anni come allenatore e sarei rimasto 9 anni anche a Genova, tanto che stavo bene. Purtroppo la situazione a un certo punto del secondo anno precipitò, non c’era più armonia e c’era chi fra i giocatori iniziava a remare contro. Facemmo una splendida prima stagione chiusa al 4° posto, l’anno dopo qualcosa inizio a rompersi e riuscimmo ad andare avanti in Coppa Uefa fino in semifinale soprattutto grazie all’orgoglio di ognuno. Fu davvero un peccato che la storia si chiuse dopo 2 anni, perché sono convinto che quella squadra con qualche ritocco poteva fare davvero qualcosa di importante”.