De Ceglie: "Io, mio padre Giulio e il nostro Centro Giovani Aosta. Juventus? Nel 2012 facemmo qualcosa di magico. E quando sostituii Del Piero al Bernabeu..."

Otto anni esatti fa, di questi tempi, si laureava per la prima volta in carriera campione d'Italia con la Juventus. Oggi invece, oltre a proseguire la sua carriera negli Stati Uniti tra le fila del Miami Beach Fc, contribuisce insieme al padre Giulio alla gestione e alla tenuta del Centro Giovani Aosta, società dilettantistica di quella regione da cui tutto è partito: come il nastro di un film, quando si riavvolge la pellicola all'inizio.
Si dice che l'umiltà e l'impegno valgono cento volte più del talento. Possiamo tranquillamente attribuire questa definizione a Paolo De Ceglie, uno che di talento ha certamente dimostrato di possederne: quattro scudetti, due Coppe Italia e altrettante due Supercoppe Italiane nel suo palmares, oltre a 144 presenze complessive in Serie A e 8 reti da calciatore professionista. A questo sommiamo il prestigio di aver calcato stadi prestigiosi come Santiago Bernabeu e Parco dei Principi, all'insegna di un "vanto" per nulla trascurabile: l'essere stato compagno di squadra e aver vinto al fianco di campionissimi del calibro di Alessandro Del Piero, David Trezeguet, Gianluigi Buffon, Pavel Nedved e Mauro German Camoranesi.
Prima dell'emergenza Coronavirus, ogni volta che faceva ritorno in Italia tra le sue montagne, Paolo faceva sempre un salto al "suo" Centro Giovani Aosta, mettendosi a disposizione di tutti quanti i giovani tesserati in campo per migliorare tecnica, tiro o dribbling. Anche semplicemente per offrire un supporto motivazionale a quelli che sognavano (e sognano tutto'ora) di ripercorrere le sue orme, sperando un giorno - chissà - di passare dalla "piccola" Aosta, alla "grande" Juventus.
"L'idea del Centro Giovani Aosta nasce da mio padre - spiega in esclusiva a Tuttojuve.com Paolo De Ceglie - e io l'ho appoggiata a pieno: volevamo fare qualcosa al 100% con le nostre idee e che avesse una durata sul lungo termine, cosa che nel calcio di oggi - oggettivamente - non è semplice trovare. E' stato proprio questo desiderio di libertà ad averci portato a dar vita a questa realtà che è cresciuta negli anni".
L'attuale esterno del Miami Beach Fc entro poi nel merito del suo contributo alla società: "Sono sempre stato presente, fin da quando è nata la squadra: avevo 13-14 anni. Davo una mano per tutti: dai volantini, alle grafiche. In più quando potevo allenavo con più continuità i più piccoli. Poi con la mia carriera da calciatore gli impegni sono aumentati, ma ho sempre supportato ogni idea e scelta da lontano. Ogni volta che potevo esserci ci sono stato e non mi sono mai tirato indietro.
In questi ultimi tempi sto seguendo particolarmente la prima squadra, perchè è la cosa che mi dà più orgoglio: è il frutto di tanti anni di lavoro di mio papà e della mia famiglia ed è composta interamente da ragazzi che sono cresciuti da noi. E' un collettivo molto compatto e anche forte qualitativamente per la categoria dilettantistica in cui milita".
De Ceglie spazia poi nel merito della complessità del periodo che il calcio sta attraversando, a causa dell'emergenza Coronavirus: "E' sicuramente un periodo difficile e non si sa che cosa potrà accadere in futuro. Bisogna continuare ad allenarsi e attendere sviluppi futuri, sperando che si possa ricominciare con un gioco di squadra nella piena normalità".
Il terzino valdostano non veste la casacca bianconera da ormai cinque stagioni (sua ultima presenza nell'annata 2014-2015), ma oltre quindici anni di Juventus - tra Settore Giovanile e prima squadra - non si possono dimenticare così facilmente, specie se ci sei nato e cresciuto: "Il ricordo del primo scudetto, quello del 2012, è frutto di molte cose: quello era un gruppo che partiva da lontano, formato da giocatori che avevano tutti lo stesso tasso di motivazioni. Chi era un po' più vecchio aveva lo stimolo di concludere con qualcosa di importante, chi invece più giovane voleva lasciare subito il proprio segno nella storia del club.
Avevamo poi anche un grande allenatore, che ci ha trascinati verso la vittoria di uno scudetto, con grandi qualità motivazionale. Si tratta di un ciclo importante che è cominciato e che ha contribuito a far crescere giocatori e uomini che hanno continuato a vincere nel tempo. Giocatori come Bonucci, Chiellini e Buffon sono gli ultimi rimasti di quel gruppo e dal punto di vista dell'attaccamento alla maglia restano loro le figure centrali, in grado di trasmettere quel tipo di dna: possono cambiare i calciatori nel tempo, ma loro restano figure fondamentali in quest'ottica. Alla Juventus servono sì i giocatori di qualità, ma conta soprattutto questo: è un po' come quando si parla di fondamenta".
Tra i momenti più gloriosi vissuti alla Juventus figura certamente quella magica serata al Bernaneu del 5 novembre 2008, quando i bianconeri di Claudio Ranieri batterono il Real Madrid trascinati da una doppietta di capitan Del Piero. Tutti si ricordano della standing ovation dello stadio, ma pochi rammentano chi ha preso il suo posto: un giovanissimo Paolo De Ceglie: "C'è poco da commentare - spiega, ancora emozionato nel ricordo -: è stata una serata magica, che è poi entrata nella storia della Juventus. In quel preciso momento del cambio non avevo realizzato a pieno, poi però con il tempo ho avuto modo di capire di più quanto sia stato unico ed emozionante quello che era accaduto: ero giovanissimo, avevo appena 21 anni e stavo entrando in uno stadio prestigiosissimo come il Bernabeu, al posto di uno dei miei più grandi idoli: Alessandro Del Piero".