Ora "silenzio" e "lavoro"
Era iniziata come quel 2 novembre del 2005, quando Trezeguet fu autore di una splendida doppietta contro il Bayern Monaco, sempre in Champions League. Tra il primo e il secondo goal, ci fu "l’intrusione" di Deisler. Si giocava al "Delle Alpi"; in panchina, come allenatore, per i bianconeri, c’era Fabio Capello. Ibrahimovic (che ancora non ricordava di aver amato l’Inter da piccolo) faceva coppia in attacco con il francese che, per l’occasione, aveva raggiunto l’obiettivo delle 106 reti in maglia bianconera. Altri tempi. La Juventus non aveva un progetto in testa, ma soltanto un obiettivo: vincere. Era competitiva, senza bisogno di sbandierarlo ai quattro venti. Così come le trattative di mercato venivano svelate solo a "fatto compiuto". La dirigeva Luciano Moggi, acclamato da molti tifosi nell’incontro di martedì sera all’Olimpico; si stava tracciando una strada che Andrea Agnelli avrebbe dovuto intraprendere per impossessarsi a pieno titolo della società. Un’altra persona inneggiata dai tifosi l’altro ieri. La Juventus era antipatica, stava costruendo uno squadrone destinato a durare nel tempo, con la sola accortezza di dover apporre qualche piccola correzione. Ogni tanto. Trezeguet, operato un po’ ovunque, ha continuato a segnare: ora ha superato anche Omar Sivori. La Juventus, terminata quella stagione, ha smesso di essere "la Juventus".
Nella serata di martedì mancavano, principalmente, Chiellini e Sissoko. Ma anche dall’altra parte le assenze non erano cosa da poco. Si è puntato decisi sul "rombo": i centrocampisti di copertura per applicarlo c’erano. Salvo poi presentare una squadra che vedeva in campo, in contemporanea, Camoranesi, Diego, Trezeguet e Del Piero. Poulsen, criticato lo scorso anno per le prestazioni infelici, ora che riesce a dare un po’ di equilibrio viene lasciato ai margini. Certo, pur non essendo un fuoriclasse, Cristiano Zanetti era altra cosa. Le plusvalenze, però, fanno gola a tutti. Il goal-gioiello di Trezeguet non è bastato a vincere (come fu per quello di Marchisio contro l’Inter sabato scorso): ma neanche a pareggiare.
I muscoli, in Europa, non bastano: ci vuole anche il gioco. La rabbia non serve: ci vuole la qualità. Quella che Diego non riesce ad apportare, così come Felipe Melo da trascinatore sta diventando un problema. Si seguano i consigli di Prandelli, nel merito: non c’è nulla di male. Anche lui sbagliava col brasiliano: ma dagli errori si impara.
Ora che i problemi aumentano, di pari passo con le delusioni, più che il parallelismo con la Juventus del passato, quella vincente, lo si fa con quella di Ranieri, nella stagione (la scorsa) che portò al suo esonero. Si riuscì a passare il gironcino di Champions League, allora, grazie ad uno splendido Del Piero. Ora, che non c’è più neanche Nedved, con la complicazione degli infortuni vengono a mancare spesso punti di riferimento importanti. Lo stesso Buffon sta rimandando oltre misura l’operazione al menisco.
Non ci sarà più la "musichetta" della Champions League, ma l’inno dell’Europa League. Si ripartirà sabato da Bari in campionato, tirando un sospiro di sollievo nello scoprire che qualche forfait l’hanno anche loro (ormai ci si attacca a tutto). Si dovrà cercare, per l’ennesima volta, quell’equilibrio tra i reparti che si è visto in rarissime occasioni, la cui assenza ha permesso a Bordeaux, Cagliari e Bayern Monaco, negli ultimi incontri, di vincere sul piano del gioco prima ancora che su quello del risultato. Si cercherà di continuare a "creare" un gioco, visto che quello non c’è mai stato. Si dovrà fare in modo di far fruttare degli investimenti onerosi (Diego e Felipe Melo) a fronte di futuri ancora da programmare, visto che gli introiti superiori della massima competizione europea verranno a mancare. Si dovrà cercare di puntare veramente sui giovani, creando un "collante" tra la prima squadra e la "Primavera" che ora manca: di Marchisio ce n’è uno, ma pensare che tra tutti gli altri (anche quelli ceduti temporaneamente ad altre società) non ce ne possa essere uno soltanto arruolabile, sembra strano.
Si dovrà tornare ad essere "la Juventus". Ma questa è la cosa più difficile. Sino a quando qualcuno non si accorgerà che non sono i tifosi a non capire i loro progetti; sono i loro progetti che semplicemente non esistono. Silenzio e lavoro: per più di cent’anni è stato così. Quando eravamo antipatici e vincenti. Altri tempi.