Gli eroi in bianconero: Pierluigi CASIRAGHI

Pionieri, capitani coraggiosi, protagonisti, meteore, delusioni; tutti i calciatori che hanno indossato la nostra gloriosa maglia
04.03.2016 10:41 di  Stefano Bedeschi   vedi letture
Gli eroi in bianconero: Pierluigi CASIRAGHI
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© foto di Federico Gaetano


Nato a Monza il 4 marzo 1969, inizia la sua carriera proprio nella compagine brianzola ed esordisce in prima squadra in Serie B nel 1985, a soli sedici anni, durante la sfida Arezzo-Monza 1-0. Con i biancorossi, Casiraghi trascorre quattro stagioni, segnando in totale ventotto goal e mettendosi in grande evidenza, tanto da suscitare l’interesse di grandi squadre di Serie A: la Juventus la spunta sul Milan di Silvio Berlusconi, che ripiegherà su Marco Simone del Como e così, nella stagione 1989-90, avviene l’esordio nella massima serie. Insieme a lui, arriva un altro debuttante, Salvatore Schillaci, proveniente da Messina. I due, insieme a Rui Barros, portano la Juventus alla conquista della Coppa Italia e della Coppa Uefa. Pigi parte spesso dalla panchina, ma il suo contributo, soprattutto nella parte finale della stagione è determinante.
Nella stagione successiva Zoff è sostituito da Maifredi, arriva Roberto Baggio e Casiraghi diventa il centravanti titolare; la Juventus delude, ma Pigi colleziona trentacinque presenze e segna quattordici goal. Ritorna il Trap e Casiraghi gioca tantissimo, le sue presenze salgono a quarantuno, i suoi goal, però, sono solamente otto.
Sta diventando un attaccante molto abile nel gioco aereo e nel creare spazi ai compagni, sfruttando la sua stazza fisica; di goal, però, ne segna pochini e la Juventus corre ai ripari, acquistando Vialli e Ravanelli. La conseguenza logica è che, per Pigi, gli spazi si riducono notevolmente: la stagione 1992-93 lo vede in campo solamente ventinove volte, i goal sono cinque. Così, chiede di essere ceduto e si trasferisce alla Lazio.

DARWIN PASTORIN, “HURRÀ JUVENTUS” OTTOBRE 1991: Di Gigi Riva ci si può fidare. Ciecamente. È stato, per molti critici, il nostro bomber più rappresentativo: fece epoca soprattutto negli anni Sessanta, quando trascinò il Cagliari alla conquista di uno scudetto tuttora avvolto nel mito e l’Italia di Valcareggi prima al trionfo nell’Europeo di Roma e poi al secondo posto, dietro al Brasile, nel Mondiale messicano. Riva, che Gianni Brera, con sintesi felice, soprannominò Rombo di Tuono, è oggi ambasciatore del football azzurro. E i suoi pareri sui cannonieri sono da seguire con attenzione, da prendere alla lettera. Su Pierluigi Casiraghi, ad esempio, fiore all’occhiello della Juventus “bonipertiana” e “trapattoniana”, ha detto: «È l’attaccante che più mi assomiglia». Non poteva stilare, l’ex cagliaritano, complimento più vero e sincero. Un giudizio che è una specie di laurea. Casiraghi, certo, possiede tutte le caratteristiche del grande attaccante: è svelto, tempista, coraggioso, opportunista, abile nel gioco aereo. Davvero si specchia nell’archetipo Riva.
La sua carriera, ad appena ventidue anni, è già luminosa. Il futuro gli appartiene, prepotentemente. Parlano, per lui, le cifre, cioè i goal e le prodezze. E il ragazzo, che è un tipo tosto, non intende fermarsi: per la Juve e in una prospettiva azzurra che, entro breve tempo, dovrebbe diventare un’indiscutibile realtà.
Nato a Monza il 4 marzo 1969, in un anno di grandi trasformazioni politiche e sociali, con Neil Amstrong che, per primo, mette piede sulla Luna («un grande passo per l’umanità» ma la fine delle illusioni leopardiane), Pierluigi Casiraghi si è subito messo in evidenza come sicuro “aspirante campione”. Nel Monza e nella Juventus, con vivi barbagli nell’Under 21, ha fatto capire di possedere una predisposizione naturale per il goal, simbolo universale del gioco più bello del mondo.
Anche nel privato Pierluigi è un campione. Antidivo, felicemente sposato (il 2 settembre scorso, al Duomo di Monza, ha accompagnato all’altare la splendida Barbara Mietti), il bomber bianconero piace per la sua modestia e disponibilità, per il suo sorriso a girasole, aperto e sincero. Le luci della ribalta non lo hanno frastornato o stravolto, è rimasto il ragazzo della porta accanto. Ad Alberto Zardin de “La Gazzetta dello Sport” ha illustrato i propri concetti, il proprio atteggiamento nei confronti della vita e del mestiere: «Cresciuto a Missaglia e abituato alla provincia, credevo di trovare difficoltà a inserirmi. Invece ho legato in un istante. Torino è fredda al punto giusto: lascia spazio alla vita privata, cosa che apprezzo molto, perché non amo il clamore. Per il mio carattere la Juve è il massimo. La filosofia della società bianconera, sempre misurata e schiva, si sposa meravigliosamente con il mio modo di vedere le cose. Nella Juventus di oggi regnano amicizia e armonia. Ci aiutiamo tutti. È un ambiente ideale per un giovane come me».
Parole che spiegano alla perfezione il Casiraghi pensiero. Un personaggio che non ha perso la dimensione della realtà, che è rimasto ancorato alle proprie radici, fedele agli insegnamenti di mamma Maria e di papà Pietro, operaio all’ortomercato di Milano. Nella sua infanzia, perle di serenità e di saggezza. E ancora quei piccoli record che fanno la leggenda: a dodici anni mette a segno settantanove reti!
A Maurizio Crosetti, per il “Guerin Sportivo”, ha dichiarato: «Sono timido, piuttosto introverso, a volte persino freddo. So controllare le emozioni e mi sforzo di possedere il senso del limite, spesso mi dicono che questo contrasta con la mia età, ma non so che farci». E ancora, i giocatori italiani che apprezza di più: «Franco Baresi resta il numero uno. Poi Vialli, Tacconi, Schillaci, Baggio». Per finire, la graduatoria degli stranieri: «Per quello che hanno fatto e per le vittorie che hanno propiziato, è inevitabile nominare Maradona, Gullit, Van Basten e Matthäus. Penso inoltre che tre giocatori esteri per squadra siano più che sufficienti, perché non impediscono ai giovani di crescere. Tuttavia credo che un’apertura indiscriminata delle frontiere porterebbe all’inflazione. E forse il pubblico farebbe troppa fatica a identificarsi nella squadra del cuore».
Pierluigi Casiraghi, dunque, ha le idee chiare, non conosce improvvisazioni o superficialità, non si arrampica sugli specchi. La sua visione del mondo è lineare, semplice, scevra da preconcetti o storture accademiche. Un giovane da scegliere come modello.
Temuto dagli avversari, rispettato e amato dai colleghi. Stefano Tacconi ha avuto modo di dire: «Non vorrei mai averlo contro». E Totò Schillaci, il profeta delle “Notti Magiche” mondiali, coltiva un sogno: «Io e Gigi insieme anche in Nazionale. Con lui mi trovo a occhi chiusi, è il compagno ideale. Ci toglieremo ancora tante soddisfazioni, vedrete». Simili attestati non devono stupire: Pierluigi Casiraghi ha sempre saputo, come si dice in gergo, “fare spogliatoio”, diventare un punto di riferimento, fuori e dentro il campo. «Per me è una fortuna, una meraviglia far parte di questo gruppo: appartenere alla società più blasonata d’Italia. Il mio desiderio è quello di trascinare la Juve verso i più alti traguardi. Ne abbiamo tutte le possibilità: quest’anno ci vedrà competere al vertice».
Smaltite le delusioni della passata stagione, la Juventus dei grandi ritorni, quelli di Boniperti e di Trapattoni, si proietta verso nuovi e luminosi orizzonti di gloria. La squadra è quadrata, ben strutturata, priva di lacune, e Pierluigi Casiraghi rappresenta, con la sua classe e il suo istinto di goleador di razza, uno dei punti di forza. Una vera e propria punta di diamante: e mai come in questa circostanza la definizione calza a pennello.
Ama Vasco Rossi, Pierluigi: cantante “generazionale”, che sul suo “Fronte del palco” ha saputo raccontare vite spericolate e grandi e piccole tenerezze. Le canzoni del cantautore di Zocca servono a Casiraghi per concentrarsi e per lenire le ore del ritiro. Curioso di tutto, Casiraghi è un attento e buon lettore. E Barbara, con amorevole cura, prepara l’album della carriera del marito. Foto e ritagli, piccoli e grandi momenti, frammenti di gioie, minuscole delusioni: il tutto da mostrare all’erede, che presto verrà.