Il pallone racconta: IL 5 MAGGIO 2002 (ultima parte)
Tutto si decide all’ultima giornata; è il 5 maggio 2002, una data che rimarrà nella storia del calcio italiano. L’Inter è di scena a Roma, contro la Lazio; i tifosi biancoazzurri sono in conflitto con il loro presidente e, per protesta, promettono di tifare per l’Inter. Tantissimi sono i tifosi giunti da Milano e lo stadio “Olimpico” è completamente vestito di nerazzurro. Atmosfera completamente diversa ad Udine; certo, il colore predominante è il bianconero, ma solo perché sono i colori sociali dei padroni di casa. Tanti tifosi juventini, è vero, ma lo stadio non tifa certamente per la “Vecchia Signora”. La Roma è di scena a Torino, con la squadra granata che non ha più niente da chiedere al campionato; «So già come andrà a finire», dice Capello, allenatore romanista, «vinceranno tutte e tre e la classifica non cambierà».
Ore 15:00 si parte. Nemmeno il tempo di controllare le formazioni e la Juventus è già passata in vantaggio; preciso cross di Conte e zuccata decisiva di Trezeguet, capocannoniere insieme al piacentino Hübner. Dopo nemmeno dieci minuti, lo stesso attaccante francese lancia in contropiede Del Piero; diagonale preciso di “Ale” e la Juventus ha già chiuso la pratica Udinese. Non resta, per i tifosi bianconeri, che rimanere attaccati alla radio per avere buone notizie da Roma; notizie che arrivano subito, ma non sono quelle sperate. Infatti, grazie ad un clamoroso errore del portiere laziale Peruzzi, “Bobo” Vieri porta in vantaggio l’Inter; lo stadio “Olimpico” ribolle di entusiasmo, i tifosi juventini sono in un mesto silenzio.
Ma il pomeriggio è ancora lungo, dopotutto non sono che passati pochi minuti dall’inizio delle partite. Diciannovesimo minuto, un brivido scuote le due tifoserie; il ceko Poborsky, approfitta di una “dormita” colossale della difesa interista e realizza il goal del pareggio laziale. Ad Udine è il finimondo, a Roma è una marcia funebre; ma i tifosi juventini non possono festeggiare a lungo, perché quattro minuti dopo Di Bia-gio riporta avanti l’Inter. Questa volta è davvero finita, pensano gli juventini; si sbaglieranno di grosso. Manca pochissimo alla fine del primo tempo; ad Udine non succede niente, la partita è finita dopo il goal di Del Piero. Ancora un brivido di gioia scuote i tifosi juventini; di nuovo Poborsky, con l’involontario aiuto del suo connazionale Gresko, gonfia la rete nerazzurra e porta il risultato sul 2 a 2. Fine dei primi tempi; la classifica dice Juventus campione d’Italia, Inter seconda, Roma (ancora ferma sullo 0 a 0) terza.
Inizia la ripresa.
Le gambe dei giocatori nerazzurri, già di legno, diventano di marmo ed il pallone è una bomba che fa paura solo a sfiorarlo; la tattica non conta più, la confusione e la rabbia sono le uniche cose che servono in questi momenti. Cuper fuma l’ennesima sigaretta, Massimo Moratti è di pietra; al suo fianco Tronchetti Provera perde la proverbiale abbronzatura. Il trionfo annunciato inizia a trasformarsi sempre di più in una sconfitta storica. Al decimo minuto la tragedia nerazzurra ha la faccia im-passibile di Simeone, l’ex interista, che di testa batte Toldo e non esulta. Adesso tutto diventa impossibile, assurdamente impossibile; tra la squadra nerazzurra e lo scudetto ci sono due goals da realizzare, in poco più di mezzora. Allo stadio di Udine, logica-mente, si respira tutta un’altra aria; i tifosi, ma anche i giocatori stessi, cominciano a crederci. Lippi cerca di mantenere la calma, ma è quasi impossibile; i tifosi bianconeri cantano, qualcuno piange, il grande sogno si sta avverando.
A Torino, intanto segna Cassano e l’Inter scivola al terzo posto, scavalcata anche dalla Roma. La lotta disperata di Vieri, i lampi di classe impotente di Ronaldo e le corse di Dalmat non riescono a spostare il risultato; il cronometro che prima sembrava bloccato, ora nella testa degli interisti corre veloce come mai. L’ultima spallata è di Simone Inzaghi; cross da sinistra e goal di testa per il 4 a 2 che regala lo scudetto alla Juventus e gela lo stadio “Olimpico”.
La partita più strana del mondo è finita; piangono i tifosi interisti, festeggiano quelli juventini. Allo stadio “Olimpico” Vieri è immobile, Ronaldo al suo fianco si copre la faccia con le mani e piange disperato. Ma-terazzi impreca contro i giocatori laziali; «Due anni fa vi avevamo fatto vincere, vi avevamo fatto vincere». Gresko singhiozza, Moratti è attonito, Hector Cuper fuma da solo la millesima sigaretta, ripensando alla sua fama di “eterno secondo”. Ad Udine, invece, è gioia allo stato puro; capitan Conte urla tutta la sua rabbia: «Qualcuno che era a Perugia e rideva, oggi piange … ed io godo, godo, godo». Lippi è raggiante; l’avevano definito una “minestra riscaldata”, ora è un gladiatore che saluta la folla dopo l’ennesimo trionfo.
Finisce il campionato 2001-02; come quel giovedì del 1967, la Juventus supera sul filo di lana l’Inter. Come tante altre volte, sono i tifosi juventini a gioire; come tante altre volte, i tifosi nerazzurri rincasano sconfitti, piangenti con la bandiera arrotolata, quella con stampato sopra il 14° scudetto, che solo un manipolo di furfanti gli regalerà a tavolino qualche anno dopo.
Ma questa, è tutta un’altra storia.