Il pallone racconta: CACCIA A COMBIN
«Sono nel calcio da 46 anni, ho assistito a mille battaglie, ma uno spettacolo del genere, tanto disgustoso, non l’avevo mai visto e sicuramente non lo vedrò mai più».
A pronunciare queste parole, la sera di mercoledì 23 ottobre 1969, fu un allenatore giustamente ritenuto tra i più “duri” e coraggiosi: il compianto Nereo Rocco. Eppure anche lui, quella sera, in uno spogliatoio fumoso ed intriso di rabbia e tensione, sembrava scosso, incapace di reagire, quasi sopraffatto da un evento che gli era sfuggito dalle mani.
Perché tanta amarezza ??? Di quale stadio e di quale partita parliamo ??? È una storia che vale la pena di essere raccontata per filo e per segno.
La partita era tra l’Estudiantes di Buenos Aires ed il Milan. Si giocò a Buenos Aires, nella famosa “Bombonera” ed era l’incontro di ritorno della Coppa Intercontinentale, che allora si disputava in due partite. Il Milan era favoritissimo, avendo vinto la partita di Milano per 3 a 0. Gli argentini però erano tutt’altro che rassegnati. Titolari della coppa, che avevano vinto l’anno precedente ai danni degli inglesi del Manchester, non avevano alcuna voglia di mollarla agli italiani. Un po’ per orgoglio, un po’ per legittimo desiderio sportivo, ma anche per una ragione più infantile e banale: perché nel Milan giocava il calciatore più odiato di tutta l’Argentina, Nestor Combin.
Faccia da pugile, capelli sempre spioventi sulla fronte, labbra grosse, uno scatto micidiale, Combin era soprannominato “la foudre”, la folgore. Giocava centravanti ed il soprannome gli era stato affibbiato dai giornalisti francesi, quando Combin aveva lasciato la sua patria per andare a giocare nella patria di Platini. Non era certo il primo caso di un giocatore argentino che andava a fare fortuna all’estero, ma il “caso Combin” diventò un vero e proprio affare di Stato a causa di un colossale equivoco. Nel 1963, infatti, Combin venne chiamato alle armi, ma non rispose alla cartolina di precetto, in quanto nel frattempo aveva acquisito la cittadinanza francese. I giornali argentini insorsero, chiamandolo codardo, traditore e disertore ma nessuno scrisse che c’era un motivo validissimo dietro la “diserzione” di Combin: il semplice fatto che il centravanti aveva già fatto il servizio militare in Francia e questo, grazie a un accordo tra i due governi, lo esentava dal prendere le stellette anche in patria.
Nessuno lo scrisse nel 1963 e, tanto meno, qualche altro pensò di farlo nel 1969, ai tempi della sfida Estudiantes-Milan. Combin era il numero nove dei rossoneri e furono in molti, a Buenos Aires, a pensare che la polemica sulla sua presunta diserzione avrebbe maggiormente caricato i giocatori locali. E fu proprio così.
La sera del 23 ottobre il Milan, campione d’Europa per aver sconfitto in finale 4 a 1 l’Ajax del giovane Cruijff, venne accolto come un demonio da abbattere a tutti i costi. Anche se il divario da colmare era immenso, gli argentini si convinsero che era possibile farcela. Ma soprattutto su una cosa si trovarono tutti d’accordo: Coppa o non Coppa, vittoria o sconfitta, era giunta l’ora di dare una lezione a Combin ed a chi lo aveva voluto in squadra. Cominciò così una delle più feroci “cacce all’uomo” che si siano mai viste su di un campo di calcio.
Voi sapete che Nereo Rocco non era certo un angioletto. Il “paron” amava sempre dire che il calcio “non è uno sport per signorine”‘ e così la pensavano tutti i giocatori che erano stati alle sue dipendenze, dai vari Blason, Azzini, Scagnellato del Padova, ai Rosato, Malatrasi, Anquilletti e Schnellinger del Milan. Ma quella sera anche questi “marines” del calcio si trovarono in incredibile disagio. La “Bombonera”‘ era piena di quarantamila spettatori. La serata era fresca, ideale per il calcio, l’arbitro era un uruguagio, il signor Massaro.
Il primo a capire che aria tirava fu Pierino Prati, l’ariete su cui puntava il Milan per aprirsi varchi in contropiede. Dopo 16 minuti venne atterrato dal libero Aguirre-Suarez: un fallo normale, di cui non scandalizzarsi, peccato, però, che venne doppiato da un calcione sferrato a tradimento dal portiere Poletti. Prati venne colpito tra la spalla e la testa mentre si trovava in terra e la sua partita in pratica finì lì, perché è vero che si alzò e giocò ancora una ventina di minuti, ma ormai era una specie di robot che non sapeva dove andava e che cosa faceva. Rocco fu costretto a sostituirlo al 35simo con Rognoni, dopo che se lo ritrovò privo di sensi in area avversaria, sugli sviluppi di una mischia seguita ad un corner.
A quel punto il Milan vinceva per 1 a 0. Era passato in vantaggio grazie a Gianni Rivera che, su passaggio di Combin, aveva scartato anche il portiere per entrare in porta con il pallone. Non l’avesse mai fatto !!! Se ancora ce ne fosse stato bisogno, quel goal accese maggiormente gli animi. Soprattutto due furono gli argentini che persero la testa: il portiere Poletti ed il libero Aguirre-Suarez. Cominciarono a picchiare come forsennati. Con i piedi il libero, con i pugni il portiere, tanto da costringere Rocco ad ordinare ai suoi di non superare più la metà campo.
«Pensate solo a difendervi !!!» urlò dalla panchina. E tra sé aggiunse: «ed a salvare le gambe».
Il Milan fece quadrato attorno a Schnellinger.
Il tedesco giocò una partita memorabile. Prima come terzino sinistro, poi come libero in sostituzione dell’infortunato Malatrasi, si eresse a baluardo contro le folate dell’Estudiantes. Alto, grosso, impavido, Schnellinger diede coraggio alla squadra e anche quando gli argentini fecero un micidiale uno/due passando a condurre con i gol di Cornigliaro e di Aguirre-Suarez, fu il primo a non perdere la testa. Nell’intervallo, infatti, urlò ai compagni: «Non ci batteranno mai !!! Ricordiamoci che a Milano abbiamo vinto 3 a 0. Siamo i più forti. Siamo irraggiungibili !!!»
La carica servì. Il Milan tornò in campo deciso a vendere cara la pelle e si chiuse in trincea davanti a Cudicini. Gli argentini ringhiavano, picchiavano, si agitavano, ma minuto dopo minuto, azione dopo azione, capirono che non c’era niente da fare. La Coppa Intercontinentale era perduta. Ed allora incominciò il brutto: una volta capito che non c’era niente da fare sul lato sportivo, quelli dell’Estudiantes pensarono soltanto alla vendetta. E fu la caccia all’uomo o meglio ancora: fu la caccia a Combin.
Il “disertore” venne braccato in ogni angolo del campo. Un fallo, un calcio, una spallata, una spinta, fino a quando il terribile Aguirre-Suarez, al 22’ del secondo tempo compì il suo “capolavoro”: il gioco era fermo, per un fallo subito da Rivera, ed il libero argentino, nella confusione per il calcio piazzato, si avvicinò a Combin rifilandogli un pugno degno del connazionale Monzon. Non solo: mentre Combin si piegava in due dal dolore, ecco una spaventosa ginocchiata in pieno viso.
Combin finì per terra, svenuto. La partita venne sospesa per cinque minuti e, per fortuna, l’arbitro Massaro dimenticò per un momento di essere sudamericano come quelli dell’Estudiantes per mostrarsi obiettivo. Chiamò infatti il guardalinee e dopo essersi consultato con lui espulse Aguirre-Suarez. Ma per il Milan non fu un vantaggio numerico, perchè anche Combin fu costretto a lasciare il campo in barella e Rocco non poté sostituirlo, in quanto aveva già effettuato due cambi (Rognoni per Prati e Maldera per Malatrasi).
L’uscita dal campo di Nestor Combin, se non altro, servì a placare un po’ gli animi. Vendicatisi, i giocatori dell’Estudiantes furono meno feroci e soltanto il portiere continuò a dare in escandescenze. Fu Polettii, infatti, a farla ancora da protagonista subito dopo il fischio finale. Quando vide, infatti, che Lodetti abbracciava felice l’amico Trapattoni, gli rifilò due pugni in testa ed aggredì anche il medico del Milan, il dottor Monti e, per gradire, oltraggiò pesantemente un agente di pubblica sicurezza.
Ma non è ancora finita. Ci sono ancora da raccontare due episodi che hanno come protagonista Combin: “la foudere” riteneva che i suoi guai fossero finiti quando fu portato in barella negli spogliatoi, invece lo aspettava un’altra spiacevole sorpresa. All’uscita dallo stadio venne avvicinato da due agenti e strappato alla comitiva rossonera per essere condotto in questura. Il motivo ??? Quell’accusa di diserzione di cui abbiamo già parlato. Per fortuna, Combin aveva la coscienza tranquilla, ma dovette ugualmente trascorrere una notte su una branda, in una piccola cella della sede della polizia e subire tre estenuanti interrogatori.
Alla fine, Combin fu rilasciato e raggiunse il Milan direttamente all’aeroporto, quando ormai temeva già di dover restare in Argentina. E qui c’è il secondo episodio che lo riguarda. Bisogna sapere che allora, in Argentina, i reati sportivi venivano giudicati anche dalla magistratura ordinaria, per cui un brutto fallo, se volontario, poteva avere anche conseguenze penali. Bene, i giudici argentini s’erano accorti della ferocia espressa da Poletti ed Aguirre-Suarez ed erano intenzionati a processarli per lesioni volontarie. Per farlo, però, avevano bisogno di una denuncia fatta dalla vittima e, cioè, Combin. Ecco perché i giudici si fecero trovare all’aeroporto con il modulo della denuncia già pronto. Si avvicinarono a Combin, gli spiegarono tutto quanto, ma non ebbero la risposta che si aspettavano. Con il volto tumefatto per la ginocchiata, gli occhi rossi per il dolore e per la notte trascorsa in guardina, un male diffuso da tutte le parti del corpo, “la foudre” disse di no ai giudici. «Io non denuncio nessuno» disse «Ciò che avviene sui campi di calcio è un affare di sport, non di polizia».
Grazie a questo gesto di grande sportività Aguirre-Suarez e Poletti poterono evitare gli strali della giustizia ordinaria. Ma non poterono nulla con quella sportiva: Poletti venne squalificato a vita ed Aguirre-Suarez fu sospeso per trenta partite di campionato e per cinque anni dalle competizioni internazionali ufficiali.