L'IMBOSCATA - Allegri-Juve, il divorzio finisce in tribunale? La posizione di Elkann. Caso Vaciago, le voci di corridoio. Thiago Motta in bianconero: i motivi della scelta. Da Massa a Maresca, la morte del calcio. Var manipolabile, ecco come...
C'è poco da stare Allegri. È finita a pesci in faccia. La felicità di un mondo per una Coppa insperatamente conquistata e la follia di Allegri che insulta, minaccia, strattona un giornalista con modalità da guappo di periferia. L'avvocato di Allegri ha cercato di gettare acqua sul fuoco. Guido Vaciago, il collega fatto oggetto delle minacce di Allegri, ha spiegato che la cosa verrà "risolta in separata sede". Cosa significhi non lo so. Ma ho consultato numerose fonti prima di scrivere. Allegri è sclerato sul campo di gioco, come si è visto. Poi con Vaciago prima di entrare in sala stampa. C'erano testimoni che hanno sentito e visto l'addetta stampa della Juventus cercare di contenere la furia di Allegri. In conferenza, l'allenatore della Juve è sostato per cinque minuti. Per poi uscire accompagnato dalla polizia (che per il casino andato in scena si era appalesata) da un porta secondaria.
Nessuno sa come siano andate le cose con Giuntoli e la società. Anche se gli spifferi in proposito sono numerosi. Restano i fatti: Allegri squalificato per due giornate e multato di 5000 euro per lo spogliarello e gli ululati in campo. Allegri che "caccia" Giuntoli dalla premiazione. La Procura federale che apre un fascicolo per quello che il suo avvocato ha definito un "alterco con Vaciago". L'Ussi, l'unione giornalisti sportivi, che prende posizione contro di lui. Ci potrebbero essere gli estremi per una denuncia da parte di Vaciago, e il possibile licenziamento per giusta causa da parte della società. I legali della Juventus stanno valutando ogni aspetto. Elkann (mia fonte) sarebbe refrattario all'idea. Ma ora sarebbe Allegri a non volere più andare in panchina, di fatto sottraendosi al confronto con quello che potrebbe essere il suo successore: Thiago Motta.
Non mi soffermo, citando parola per parola sull'accaduto (chi vuole può trovarle sul web), ma da giornalista non posso che esprimere inquietudine per una vicenda che appare incredibile. Assieme alla totale solidarietà a Guido Vaciago. Non so quale spiegazione potrà fornire Allegri, ma un simile comportamento non può essere accettato. Tutti, che facciamo questo mestiere, siamo incappati, nel corso della carriera, in qualche bullo. Ma che a vestirne i panni sia stato sorprendentemente l'allenatore della Juventus ha sfregiato la società. Appurati i fatti si esprima anche l'associazione allenatori di Ulivieri. Si è sovente espressa per cose non di sua competenza. Questa, assolutamente, sembra esserlo.
Ha vinto la Juventus: quindicesima Coppa Italia della storia. Quattordicesimo trofeo per Allegri. Ha vinto anche bene, contro una Atalanta uscita ridimensionata dalla forza mentale della squadra di Allegri, che voleva fortissimamente la vittoria per togliersi dalle spalle la “scimmia”. Ha vinto la Juventus in una gara dove c'è stato di tutto. L'intero repertorio di orrori che ormai la insegue.
C'è stato un rigore negato, clamoroso, una espulsione mancata (come conseguenza del rigore), un gol annullato per un surreale fuorigioco, una traversa (l'ennesima) da parte di Miretti, c'è stata la (sacrosanta) espulsione di Allegri per l'indecente sceneggiata, ci sono stati sei minuti di recupero diventati inopinatamente dieci, c'è stata una direzione arbitrale a senso unico. Maresca di professione fa il pompiere. Ma gli incendi invece che spegnerli, li appicca.
In questa stagione se Massa durante Napoli-Inter ha ucciso il calcio, all'Olimpico per Atalanta – Juventus di Coppa Italia, Maresca ha posto una pietra tombale sulla salma.
Il match ha confermato che sì, Allegri (ammissione tardiva) ha sbagliato a non utilizzare nel corso della stagione da centrale di regia Nicolussi Caviglia, relegato troppo a lungo in panca. La finale ha chiarito che la Juventus allenata da Allegri è una discreta squadra con alcuni problemi da risolvere. Allegri può negare di aver “esiliato” Giuntoli dalla festa della premiazione, ma le immagini viste in tv sono chiare. A conferma dei rapporti tesi (eufemismo) tra i due.
Arriverà – lo dice radiomercato – Thiago Motta. Arriva non perché sia bravo (lo è) o perché lo sia più di Allegri. Arriva perché le squadre di calcio sono ormai un brand che va venduto. La Juventus di Allegri ha un'immagine datata. Che Allegri (per sua stessa ammissione) ha contribuito a sgualcire, evitando nei due anni nei quali è stato fermo, di occuparsi di calcio. Che nel frattempo si è evoluto. Non si gioca più come gioca Allegri. E se il “corto muso” può fare bene alla classifica, e magari alla bacheca, non fa bene agli affari. Avanti con Motta se sarà Motta: con la consapevolezza che con 70 gare da disputare la prossima stagione su vari fronti, serviranno giocatori di valore. E che a Motta (se lui sarà) dovrà essere concesso tempo. Senza pretendere la luna. Specie se gli investimenti sui giocatori non ci saranno. Anche perché il primo anno alla Juventus è sempre sub judice: persino Platini ci mise sei mesi per capire dov'er fosse arrivato e per diventare Micheleroi.
Detto questo una riflessione su arbitri, Var e protocollo va fatta urgentemente. Così è un massacro. Discorso diverso per il fuorigioco semiautomatico (idiozia linguistica): così come è stato concepito è una truffa. Visto che non c'è certezza sulla tempistica “piede- impatto, lancio, arrivo del pallone” chiunque può manipolare. In buona o mala fede. Un fuorigioco di due centimetri è una stronzata concettuale, non percettibile da occhio umano. E fino a prova contraria il calcio è ancora (forse per poco) umano: fatto di dolore, sudore, contatti. L'idea complessiva che il calcio, attraverso un protocollo protervo, debba e possa controllare tutto, come fosse l'Inquisizione, è assurda. In Premier il 6 giugno si discuterà per ottenere (forse) l'abolizione del Var. Buona cosa sarebbe garantire agli arbitri italiani il professionismo. Questo semiprofessionismo fa cacare. Espone chi fischia sul campo agli abusi del sistema. Dove le carriere sono condizionate dal numero di gare per le quali vieni selezionato e al numero di errori compiuti in stagione. Dove vieni “messo in castigo” se per tre gare hai diretto male. Li mandano “dietro alla lavagna” senza mai chiedersi, come mai la “selezione” abbia premiato alcuni e penalizzato viceversa altri. Gli Orsato vanno in pensione e il calcio si tiene i suoi inguardabili Massa e Maresca.
Cambiare (alla Juventus) non sarà semplice. Allenare la Juventus è impresa titanica. Per il prestigio della società, la pressione mediatica e dei tifosi, le aspettative della proprietà. Motta è bravo, ma anche Sarri era bravo. Maifredi praticava il calcio champagne, ma un conto è allenare (a proposito) il Bologna e un altro la Juventus. Che deve rientrare dal debito. Mai dimenticarlo. Le squadre vincenti sono costituite da una competente, forte dirigenza, una solida proprietà, una buona squadra e all'interno di una buona squadra da almeno due-tre fuoriclasse. E ovviamente da un bravo allenatore. Che alla Juventus non deve essere bravo solo dal punto di vista tecnico. Per non fallire alla Juventus serve avere consistenti attributi, serve saper usare con la squadra alternativamente il pugno di ferro e il guanto di velluto, serve capire gli umori di un ambiente variegato, che non ha mai gli eccessi di altre realtà calcistiche, ma che non perdona. Ma senza palanche tutto è più difficile. E come spiegherebbe Luciano Moggi, (che lo trovò) serve trovare un modo per autofinanziarsi. Moggi vendette a peso d'oro Zidane e costruì una corazzata. Il problema è che oggi uno Zidane la Juventus non ce l'ha.
Madama è nazionale e internazionale. Ma il suo cuore è profondamente sabaudo. L'allenatore della Juventus deve essere consapevole che avrà milioni di tifosi al seguito: che non vanno in tv e non appaiono sui giornali. Avrà il popolo, ma non avrà giornalisti, comici, attori, cantanti, intellettuali, magistrati, politici a sostenere la squadra. Quelli (che in tv e sui giornali ci vanno) sostengono altri club.