L'ex bianconero Danilo: "Il mio ritorno in Brasile è una scelta di cuore, ma anche di responsabilità sociale"

Ospite del podcast Muito Além do Desporto, l’ex capitano della Juventus Danilo ha raccontato con grande sincerità il significato del suo ritorno in Brasile e il percorso personale e professionale che lo ha portato a vestire la maglia del Flamengo, squadra del cuore fin da bambino.
"Ho sempre detto che non sarei tornato in Brasile, che sarebbe stato difficile - ha ammesso - ma fortunatamente la vita ti dà la possibilità di rivedere le tue convinzioni. Se fossi rimasto fermo su quella linea, non starei vivendo le emozioni che sto provando ora".
Perché proprio il Flamengo?
"Doveva essere il Flamengo. Da bambino, a Bicas, ero un tifoso fanatico. Quando segnava, correvo per strada a festeggiare. Questo ritorno è anche un regalo per i miei genitori e i miei fratelli, che come me amano questa squadra."
Per Danilo, il ritorno in patria non è solo una scelta sportiva, ma anche una responsabilità sociale:
"La mia esperienza in Europa mi ha arricchito tantissimo, non solo come calciatore. Tornare ora, come hanno fatto anche Oscar, Lucas Moura, Neymar, Alex Sandro, significa portare indietro un bagaglio umano e culturale che può fare la differenza. Non si tratta solo di trofei, ma di rispetto, leadership, consapevolezza. Molti di noi sono stati capitani, hanno imparato nuove lingue, si sono immersi in culture diverse. Tutto questo oggi può essere messo al servizio dei giovani brasiliani, per ispirarli e guidarli. La mia inquietudine mi ha riportato qui per questo motivo. Accetto il ruolo e la responsabilità. Voglio trovare i modi giusti per contribuire".
Danilo ha ripercorso anche tappe importanti della sua carriera, rivelando come proprio nel momento apparentemente più alto abbia vissuto la sua crisi più profonda: "Ero in una parabola ascendente perfetta: América Mineiro, Santos con Neymar, Porto, e poi il Real Madrid. Ma è lì che ho incontrato le difficoltà più grandi, non sul campo, ma dentro di me. Emozioni, fragilità mentali... qualcosa che non avevo mai provato, nemmeno quando facevo fatica a trovare da mangiare ai tempi dell’América Mineiro. E lì mi sono detto: ‘Chi può aiutarmi?’ Nessuno, pensavo. Poi ho deciso di provare con uno psicologo dello sport. La prima seduta mi ha dato un conforto che non provavo da tempo. Da lì è iniziato un percorso settimanale che mi ha cambiato profondamente. Avevo pregiudizi, resistenze. Ma ho capito che chiedere aiuto è un atto di forza, non di debolezza. E oggi lo consiglio a chiunque viva un momento difficile".