IL TERZO TEMPO - I "panchinari" letali cancellano una prestazione horror. Caceres - Benatia, perchè Madama ci guadagna. Coppa Italia banco di prova in vista dell'Atletico
La vittoria dell’Olimpico ha lasciato nella sua scia la consapevolezza che la Juventus ha un’arma che molte altre squadre non possono vantare: una panchina lussuosa, piena zeppa di armi letali. In una delle peggiori uscite degli ultimi anni, con la Lazio capace di dominare i campioni d’Italia per tre quarti della partita, proprio le mosse a gara in corso di Allegri hanno spaccato la partita in favore dei bianconeri. Non passino, per queste intuizioni “fortunate”, le perplessità circa il rendimento di alcuni uomini, Emre Can e Douglas Costa su tutti, nel corso di una partita che ha visto Madama soffrire come mai prima in stagione. Allegri, dal canto suo, ha ammesso che mettere il teutonico davanti alla difesa è stato un azzardo; l’ex Liverpool è apparso in difficoltà in quel ruolo, sia per l’incapacità di dettare i tempi di gioco che per l’immensa fatica fatta nella rincorsa degli avversari, che sembravano avere un altro passo. L’autogol, di rara goffaggine, è stato l’emblema della prestazione del tedesco, che tuttavia è apparso leggermente più a suo agio, quando Allegri lo ha liberato del peso della regia, invertendolo con Bentancur. Esperimento fallito e da non ripetere che, per il curioso mix di fortuna e poco cinismo dei biancocelesti, non è costato alcunché in termini di punti. Come detto, la svolta della gara è arrivata dalla panchina: Cancelo è apparso disinvolto nel ruolo di esterno alto, mentre Bernardeschi ha dato prova di avere l’argento vivo addosso, che probabilmente gli varrà un posto da titolare nella delicata sfida secca all’Atalanta di Gasperini. Con gli insperati tre punti raccolti giocando appena un quarto d’ora, è passata quasi in secondo piano la prestazione maiuscola di Szczesny, mai così tanto impegnato in stagione, autore di un paio di interventi “umani”, prima e dopo l’autentico miracolo sfoderato, a mano aperta, sul sinistro di Parolo. Il polacco passa troppo spesso come attore marginale del copione di Madama, mentre ai più attenti non sarà sfuggita l’assoluta perentorietà dei suoi interventi, nelle fasi delicate delle partite. Senza la manona di Tech (come amichevolmente lo hanno ribattezzato i compagni), probabilmente oggi saremmo a commentare la prima sconfitta in campionato degli uomini di Allegri. In mezzo, la prestazione opaca di Cristiano Ronaldo, ingabbiato a dovere da Bastos e Wallace e troppo spesso intestarditosi nella ricerca della soluzione personale. La sufficienza abbondante se l’è guadagnata scagliando in porta il pesantissimo rigore della vittoria, che lo ha portato a firmare l’ennesimo record della sua prima stagione all’ombra della Mole: mai nessuno prima aveva segnato in otto trasferte di fila nella storia della Serie A. Numeri sterili? Forse. Come il dato che ha visto la Juventus non calciare in porta per l’intero primo tempo (mai successo da quando si raccolgono questo tipo di dati, stagione 2004-2005) o battere il primo calcio d’angolo al minuto 71, un vero unicum nella gestione allegriana. Lo stesso livornese, ha però rivendicato quello che da sempre conta dalle parti della Continassa: i risultati. Mai nessuno prima d’ora aveva registrato il bottino di 59 punti in 21 gare nella storia del massimo campionato italiano. Gli undici punti di vantaggio racimolati sul Napoli di Ancelotti (fermato, a sua volta, dal Milan orfano di Higuain) potranno lasciare spazio a qualche rotazione in più negli undici di partenza, visto l’avvicinarsi delle sfide che contano in Europa e la complicata situazione infortuni. Bonucci ha riportato una distorsione alla caviglia con interessamento dei legamenti. Tempi di recupero? Incerti, ma la sua presenza nella partita del Wanda Metropolitano contro l’Atletico è in forte dubbio. Il reparto difensivo ha perso Benatia, ieri in Qatar per firmare con la sua nuova squadra, ed ha ritrovato per la terza volta il talento rude e muscolare di Martin Caceres.
L’operazione mi ha convinto per una duplice ragione: 1 il marocchino manifestava “mal di pancia” sin dal ritorno di Bonucci a luglio, temeva la crescita di Rugani, voleva giocare (e guadagnare?) di più. Tenere in rosa un giocatore scontento è da sempre contrario ai princìpi societari. Giusto liberare l’ex Roma ed ottenere una seppur lieve plusvalenza. 2 Martin Caceres, se integro fisicamente, rappresenta un profilo di grande affidabilità. Conosce l’ambiente, gli schemi, la lingua e (Allegri dixit) porta una ventata di positività nel gruppo. L’evoluzione tattica e fisica lo ha trasformato nelle gerarchie del mister da jolly tuttofare in difesa, a centrale dietro ai tre italiani. Lo spazio per l’uruguagio, anche alla luce dello stop forzato di Bonucci, non mancherà di certo. Barzagli rientrerà nel giro di due settimane, mentre Pjanic, Khedira e Mandzukic sono ormai prossimi alla convocazione. L’unico lungodegente resta Cuadrado, il cui recupero è previsto per fine marzo. Per il resto, in Serie A, è stata una giornata di relativo rallentamento per tutte le inseguitrici di Madama. Milan e Napoli, Roma e Atalanta si sono tolti punti a vicenda, l’Inter è crollata a Torino e manifesta non poche difficoltà nella gestione di alcuni uomini: Perisic è in aperta rottura con la società e probabilmente troverà posto altrove negli ultimi giorni di mercato, Candreva è scontento, Icardi non segna da cinque partite e reclama il ricco rinnovo. Non poche gatte da pelare per Marotta. Non sono mancate le solite polemiche da VAR: a Verona, il tandem Chiffi (in campo) Serra (al monitor) ha fatto sfoggio di una batteria di errori mai vista prima, scatenando le giustificate proteste del presidente Campedelli. L’applicazione del protocollo resta un’incognita irrisolta, così come la designazione del fischietto padovano, non nuovo a strafalcioni simili. Sarà la settimana della Coppa Italia, obiettivo mai nascosto da Allegri che ne ha vinte quattro su quattro e ambizioso traguardo per chi non ha più nulla da chiedere alle coppe europee (Milan e Atalanta) o cerca una via d’accesso alle stesse (Fiorentina, Lazio). La trasferta di Bergamo rappresenta una sfida ricca di difficoltà, perché la Gasp-band è squadra mai doma, in condizioni fisiche straripanti, oltre ad essere l’unica (insieme al Genoa) ad aver fermato la corsa dei bianconeri in campionato. Pericolo numero uno: Zapata. Il colombiano ha trafitto già cinque volte la Signora in carriera, da ultimo con la doppietta in campionato. Sarà un importante banco di prova anche in vista della sfida all’Atletico, perché giocare come all’Olimpico, in gara secca, può significare fine dei giochi.