LEONI PER...AGNELLI – Pirlo “allegriano”? Un grande complimento. La lezione di Chiellini e la rinascita di uno spirito in coma per un anno. Su Ronaldo avete ragione: segna soltanto, che vergogna...
La guerra è lunga, e per vincerla non solo bisogna scegliere le battaglie giuste ma combatterle nel modo più opportuno e più intelligente. Senza mai rinunciare all'identità, spesso bisogna sacrificare qualche pedina, qualche strategia per lavorare sulle debolezze degli avversari, rispettandone i punti di forza. Pirlo, prima di essere un allenatore alle primissime armi è, soprattutto, persona estremamente intelligente e conosce il calcio ed è stato fedele allievo di mister Massimiliano Allegri quindi, queste cose, le sa bene e lo sta dimostrando.
Sei vittorie su sei partite (in campionato) da quando è cominciato il nuovo anno, il suo predecessore fece 4 su 6, non male per un allenatore neofita che, con grandissima onestà, non ha avuto problemi ad ammettere che ha imparato a conoscere le caratteristiche dei suo giocatori a campionato in corso. Non c'è stato pre campionato, per Pirlo questa è la primissima esperienza e ha una responsabilità enorme che, però, sta dimostrando di sapersi portare sulle spalle. Costruendo la sua squadra con intelligenza, partendo da ciò che non c'era più: il gruppo. L'identità di gruppo deve essere trovata un istante prima di quella tattica altrimenti la seconda è vanificata dall'assenza della prima. È stato il presidente Agnelli ha puntare tutto e subito su Pirlo, accollandosi un rischio di impresa enorme, ma se ha fatto questa scelta l'ha ben ponderata e il tempo gli sta dando ragione.
Sia chiaro, così come non si doveva commettere l'errore di buttare subito giù dalla torre Pirlo all'inizio, non bisogna pensare adesso che sia e sarà tutto rose e fiori, ma quello che è giusto guardare sono i progressi graduali e sempre in crescendo della squadra, segno evidente che c'è un programma che si sta portando a compimento e che non sono e non saranno solo frammenti di un'identità poco chiara. Come accaduto l'anno scorso.
In tanti, nella vittoria ottenuta contro la Roma, hanno rivisto una Juventus allegriana, più accorta, che ha preferito lasciare le redini del gioco agli avversari per poi colpire. Laddove qualcuno ci possa vedere un demerito, io francamente ci vedo un enorme merito. Si chiama strategia. Ogni volta che ho visto una Juventus così, mi veniva sempre in mente la scena del combattimento tra Rocky e Ivan Drago nel quarto capitolo della saga: incassare colpi (sapendoli incassare) da un avversario non vuol dire necessariamente accettare passivamente il confronto, ma qualche volta può essere il modo migliore per dimostrare la tua forza invalidando i colpi altrui e poi colpire, in maniera letale, appena si crea l'opportunità. Ed è la strategia, di allegriana memoria, adottata da Pirlo e risultata alla fine vincente, ora la domanda che i tifosi della Juventus devono porsi è la seguente: provono più godimento nella vittoria frutto di grande solidità, o sono davvero così attratti da questo fantomatico “belgioco”? Io scelgo sempre la vittoria, anche combattendo. Anzi, mi fa più gusto.
Quella contro la Roma è stata ancora una volta la vittoria dello spirito della Juventus, quello ripristinato da Pirlo negli spoglitoi e da Chiellini, magnifico lottatore, sul campo.
È stata la vittoria di Ronaldo, quello criticato perfino dai tifosi della Juventus perché, in fondo, fa soltanto gol. Come se non fosse così che si vincono le partite.
Una vittoria, come tante altre, che ha richiesto, per strategia, il sacrificio di qualche pedina: McKennie (a sinistra anche se rende meglio a destra), Chiesa (a destra per arginare Spinazzola, anche se rende meglio a sinistra) e di Morata (cui sono stati dati tanti compiti di copertura come furono dati a Kulusevski contro l'Inter).
La vittoria del gruppo e della strategia per ricordare a tutti ancora una volta, che piaccia o non piaccia, che alla Juventus vincere è l'unica cosa che conta....
Vincenzo Marangio – Radio Bianconera
Twitter - @enzomarangio