Gli eroi in bianconero: Juan VAIRO

Pionieri, capitani coraggiosi, protagonisti, meteore, delusioni; tutti i calciatori che hanno indossato la nostra gloriosa maglia
03.08.2024 10:20 di  Stefano Bedeschi   vedi letture
Gli eroi in bianconero: Juan VAIRO
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Estate del 1955: la dirigenza juventina decide di rinnovare parzialmente il parco stranieri della formazione, partendo dall’attacco che, dalla partenza dei due Hansen, non ha più trovato la penetrazione degli anni precedenti. Dall’Argentina giunge Juan Vairo, fratello di Federico, terzino della Nazionale albiceleste guidata dal Filtrador Guillermo Stabile.
Vairo proviene dal Boca Junior, la famosa Equipo Zeneise, nella quale giostra da interno su entrambe le fasce del campo. È di origini calabresi: il giocatore racconta spesso, infatti, che il padre era stato ottimo calciatore con la maglia della Sampierdarenese negli anni Venti. La Juventus di quell’anno può contare ancora sul validissimo apporto di Boniperti, sempre atletico e ragionatore, anche se al centro manca un ariete sfondatore.
Vairo stenta parecchio ad ambientarsi e, quando arriva l’autunno, incontra ancora più difficoltà a causa dei terreni bagnati, ai quali non è abituato. Viri Rosetta, nonostante tutto, afferma che si sarebbe dovuta attendere la primavera e, quindi, un fondo a lui più congeniale, per poter esprimere un giudizio compiuto. Ma l’allenatore Sandro Puppo non proverà l’argentino in maniera concreta, ritenendo più affidabile inserire in formazione giocatori meno dotati sul piano tecnico, ma più redditizi dal punto di vista del rendimento.
Era costato diciotto milioni, una cifra non esaltante, ma comunque non disprezzabile per un atleta sceso in campo undici volte complessive. Nel corso di queste rare apparizioni, Juan Vairo segna tre reti dando prova che, quando le condizioni fisiche e del terreno glielo permettevano, era dotato di una tecnica ben oltre la media e di una discreta visione di gioco.
«Viva sorpresa nell’ambiente bianconero – si legge su “La Nuova Stampa” del 13 marzo 1956 – la mezzala sud-americana Juan Vairo, acquistata dalla Juventus all’inizio della stagione, ha improvvisamente lasciato l’Italia, ed è tornata in patria, salendo ieri a bordo dell’aereo che è partito dalla Malpensa poco dopo le quattordici, diretto in Argentina. La notizia è trapelata nelle prime ore della giornata di ieri e sembrava in un primo momento infondata. Dirigenti bianconeri presenti in sede dichiaravano di non essere al corrente di una simile decisione e altrettanto sostenevano i giocatori, che sembravano anzi stupiti dell’informazione. Soltanto il commissario straordinario della società juventina, Umberto Agnelli, ha conformato di sapere con esattezza i termini della questione. Il giocatore aveva avuto un colloquio con il massimo esponente bianconero, chiedendo espressamente di essere autorizzato a rientrare in patria, dove sperava di ottenere una sistemazione presso una squadra di Buenos Aires. Pare infatti che Vairo avesse avuto, tramite i suoi familiari, approcci con il River Piate, che si era dichiarato disposto ad assumerlo in vista del campionato argentino che si inizierà ad aprile. Nel colloquio Umberto Agnelli-Vairo sarebbe stato raggiunto un accordo di massima, sul quale si mantiene logicamente il riserbo: pare tuttavia che al giocatore sia stato concesso di rientrare a suo agio in Argentina. Così sabato pomeriggio, dopo la partita Juventus-Sampdoria, l’attaccante sud-americano è andato a casa, ha fatto le valige ed è partito per Milano. All’amico Turchi, che ha assistito ai preparativi per il viaggio, ha dichiarato che intendeva cambiare casa, avendo trovato un’altra pensione. Evidentemente Vairo non voleva che la notizia del suo ritorno in Argentina trapelasse prima del tempo. È partito così senza salutare nessuno né i suoi compagni di squadra, né i suoi amici, né l’allenatore Puppo. Naturalmente Vairo potrà giocare a Buenos Aires soltanto dopo un completo accordo con la Juventus, accordo assai probabile, tanto più che i tecnici bianconeri non avevano alcuna intenzione di confermare il giovane sud-americano per la prossima stagione. Vairo del resto non aveva potuto trovare qui in Italia l’ambiente adatto al suo gioco e al suo temperamento. Tecnicamente a posto, era parso ai dirigenti e ai compagni poco adatto al campionato italiano, dove bisogna lottare con cuore e con decisione. Un infortunio iniziale (stiramento muscolare) ha costretto l’argentino al riposo per circa un mese. Da quel momento le sue apparizioni in prima squadra sono state’ sempre più saltuarie, finché Puppo decideva di toglierlo dalla rosa dei titolari. Vairo che soffriva di nostalgia della sua Argentina, ha chiesto e ottenuto di ritornarvi. Non si potrebbe parlare di fuga, ma forse soltanto di partenza anticipata».

ANGELO CAROLI
Vairo tornò in Argentina molto prima della fine del campionato, sconfitto dalla nostalgia e dall’incapacità di adattarsi alle rinunce che il calcio italiano imponeva. Aveva tecnica e stile, ma non carattere. Gli piaceva troppo giocare a carte, frequentava i night e aveva l’eccentrico costume di svegliarsi a mezzogiorno. Era un guascone, sfrontato e simpatico ma indecifrabile in alcuni aspetti.
Marisa Zambrini, dinamica donna piena di interessi sportivi, fra un tuffo in piscina e il rombo di motori da rally, ebbe tempo di diventare segretaria della Juventus dal 1956 al 1961. Era arrivata con Umberto Agnelli, che aveva conosciuto a Modena: «Il dottore vinse il campionato italiano universitario su pista – diceva Marisa – a quei tempi mi occupavo di motori. Mi presentai a Torino per un colloquio e fui assunta».
La Zambrini ricorda un episodio che le aveva creato disagi di coscienza. Vairo si sentiva solo. Una sera chiese a Marisa di cenare con lui. La segretaria non poteva accettare quell’invito. Non era nelle regole. Una segretaria di club che affronta la notte torinese in compagnia di un giocatore era inconcepibile! Un mese più tardi Vairo scappò dall’Italia sopraffatto dalla nostalgia.
Marisa si porta dietro il rimpianto di non aver assecondato, in quella remotissima sera del 1956, il desiderio di un argentino, che aveva solo voglia di parlare con qualcuno, di avvertire calore, seppur provvisorio, di un’amicizia.