Gli eroi in bianconero: Ivano BONETTI

Pionieri, capitani coraggiosi, protagonisti, meteore, delusioni; tutti i calciatori che hanno indossato la nostra gloriosa maglia
04.08.2024 10:20 di  Stefano Bedeschi   vedi letture
Gli eroi in bianconero: Ivano BONETTI
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Se dovessi rapidamente evidenziare le qualità umane di Ivano Bonetti - scrive  Massimo Bruzio su “Hurrà Juventus” del febbraio 1986 - non potrei che citare ciò che, tempo fa, mi ha detto un suo esperto e navigato compagno di squadra: «Ivano – ha affermato il collega – è un ragazzo simpatico, allegro, disponibile. È uno che nella vita farà strada e non soltanto perché è capace a giocare a calcio».
Sembrerebbe un ritratto troppo positivo, troppo di parte, ma la realtà dei fatti è proprio quella che obbiettivamente mi ha riferito quel compagno di squadra di Bonetti.
Alla sua prima stagione in serie A il giovane bresciano è arrivato dopo una graduale e progressiva «gavetta». Nato, come abbiamo detto, a Brescia il primo agosto del 1964, Ivano ha dato i suoi primi calci al pallone nelle formazioni giovanili della squadra della sua città.
Dopo la tradizionale trafila nelle minori, ecco la prima squadra e l’esordio in serie B a soli 17 anni, l’11 ottobre del 1981. Una sconfitta con la Lazio, ma anche un debutto che a fine campionato sarà seguito da altre diciannove presenze e da una rete. Il Brescia al termine di quella stagione precipita in serie C1 e per Bonetti l’anno successivo porta altre venti partite. Nel campionato ‘83-‘84 le partite disputate dal buon Ivano, sempre ovviamente con il Brescia in serie C1, diventano trenta e le reti due.
Nell’estate dell’84 si fa avanti il Genoa del vulcanico presidente Renzo Fossati e per Ivano Bonetti si apre la porta della serie B. Tra i cadetti Bonetti si fa valere e al termine dello scorso campionato può contare trentuno maglie  da titolare e una rete segnata.
Non è stato un grande anno per il vecchio grifone genoano ma sicuramente è stato un buon anno per Bonetti. La Juve lo ha fatto seguire dal suo staff di osservatori ed ha deciso di portarlo a Torino. La trattativa è rapida e senza intoppi e nella scorsa estate a Ivano Bonetti si schiudono le porte del grande calcio: «Fossati – racconta Ivano – mi ha fatto un enorme regalo cedendomi alla Juventus. In pratica sono arrivato nell’università del calcio».
La famiglia Bonetti in serie A è già, in ogni modo, ben rappresentata. Nella Roma, infatti, da qualche stagione si fa ben volere il fratello di Ivano: il roccioso ed estroso Dario, un difensore dal gran carattere e dalle buone intuizioni. «Avevo sempre sperato di imitare mio fratello – racconta Ivano lo juventino – ma mi sembrava che la serie A fosse una meta difficilissima da raggiungere e invece...».
E invece l’esordio in serie A, per Ivano Bonetti, è coinciso proprio con una partita tra la Juventus e la Roma. La vittoria, al termine del match, è andata alla Juve, tre a uno il risultato finale e in campo c’era ovviamente anche Dario Bonetti: «È stato magnifico esordire e vincere sotto gli occhi di Dario. Lui – dice Ivano – alla fine dell’incontro non sapeva se essere triste per la sconfitta o felice per me. Io ero soltanto felice…».
Ancora qualche presenza per il bravo Ivano, un infortunio alla mano che non gli ha però impedito di essere al suo posto in panchina e tutto sommato una prima parte di stagione che potremmo definire, per un «deb», assai positiva.
Il futuro, poi, non potrà che portare nuove soddisfazioni a Ivano. Il suo modo di giocare, la sua rapidità, il suo sinistro «creativo», ma anche e soprattutto la sua disponibilità in campo e fuori non possono che far ben sperare. Bonetti che è soprattutto una mezzala sinistra può, però, anche fare il tornante, la mezza punta e in certi casi persino la punta. Sono, insomma, molte le frecce al suo arco, frecce che il Trap saprà sfruttare a dovere. Nella grande Juve, dunque, c’è posto e ci sarà posto anche per Bonetti.
Ivano, del resto, non ha che un desiderio, un sogno: «Vorrei – dice – conquistarmi un posto, non importa se da titolare o da riserva, in questa grandissima Juventus. Non vorrei, insomma, essere una meteora. Qui c’è da imparare vincendo, ma soprattutto c’è da conoscere qual’è il modo di essere di una grande squadra. E, lo ripeto, l’università del calcio».
E allora in bocca al lupo per gli... studi e per la laurea.

VLADIMIRO CAMINITI, “HURRÀ JUVENTUS” DEL GIUGNO 1986
Lo vidi profilarsi, a Firenze, in Coppa Italia, come un autentico campioncino. Insieme a lui vidi profilarsi in tutto tondo il Pin. Scrissi di Bonetti che era bravo, che era forte, che aveva futuro. Ora siam qui, ci godiamo il Ventiduesimo, anche Bonetti ha avuto il suo merito nella vittoria collettiva, ma ha giocato poco. Perché Trap non gli abbia creduto, mi sfugge. Scommetto che il futuro darà ragione al vostro cronista. Bonetti è un incursore estroso, con levatacce di genio e capace anche di finalizzare lo dimostrò a Genova e Brescia, in modo splendido. Le qualità, che Ivano espresse in quella notturna di Coppa Italia, saranno sicuramente valorizzate. 

Stagione 1986-87: Bonetti parte spesso dalla panchina, ma alla fine può contare 23 gettoni di presenza e 2 reti di cui una, all’ultima giornata, contro il suo Brescia. È un gol amaro, perché condanna i lombardi alla Serie B. «Adesso per dieci giorni non potrò tornare a casa, perché non mi perdoneranno mai questo sgarbo. Ma, capitemi, dovevo fare qualcosa di grande prima di chiudere il campionato. Quando ho battuto Aliboni ho sentito dentro una grande gioia, ma anche una grande tristezza. Ora aspetto che la società decida qualcosa. Alla Juve ho imparato molto, ma dalla Juve vorrei avere la possibilità di dimostrare il mio valore. Senza garanzie non voglio restare. Leggo che l’Avellino si interessa a me. Ci andrei di corsa, per sfogare tutta la rabbia che ho accumulato dentro».
Invece, la sua destinazione sarà Bologna, prima di approdare a Genova giusto in tempo per vincere lo scudetto con la Sampdoria.

UMBERTO ZILIANI, DA LAVOCEDELPOPOLO.IT DELL’8 GENNAIO 2020
Ivano nasce in un condominio che si affaccia sul campo da calcio dell’oratorio di San Zeno, quel terreno da dove tutto è iniziato. Oggi vive a Misano, in Romagna, è sposato e padre di tre figli. Ha giocato in molte squadre: Leonessa, Brescia, Genoa, Juventus, Atalanta, Bologna, Sampdoria, Torino, Grimsby Town, Tranmere, Crystal Palace, Sestrese e Dundee. Con la Sampdoria ha vinto uno scudetto nel 1991.
– Ivano come inizia la tua carriera? «I primi calci li ho dati all’oratorio. La prima squadra che mi ha tesserato è stata la Leonessa. Dopo quattro anni sono passato al Brescia calcio. Ho esordito in serie B a 17 anni, facendo praticamente tutto quel campionato in prima squadra».
– Il 17 maggio del 1987 al Brescia bastava un pareggio per salvarsi. La partita è sul 2-2, al 62’ per la Juventus entra Bonetti e segna. La partita finisce 3-2 per la Juve, il risultato sancisce la retrocessione del Brescia. Cosa ti ricordi di quella domenica? «Fu un’azione “sfortunata”. Nel Brescia ero cresciuto ed era la squadra della mia città. In velocità con un pallonetto saltai il difensore del Brescia e mi trovai a tu per tu con Aliboni».
– Qual è l’allenatore con cui ti sei trovato meglio? «Faccio prima a dire con chi mi sono trovato male: Eriksson. Non spiegava molto, non sapeva motivare la squadra ed era un pessimo comunicatore. Non so come abbia fatto ad allenare squadre di un certo livello. Trapattoni, invece, era un grande mister così come Maifredi: peccato che Gigi non abbia raccolto quanto meritasse».
– Tu e tuo fratello Dario siete stati calciatori famosi, la leggenda narra che Mario, vostro fratello maggiore, fosse il più bravo dei tre, sfatiamo questo mito? «Mario era fortissimo, molto veloce, usava entrambi i piedi e aveva un tiro potente. Con la De Martino (primavera dell’Atalanta) aveva vinto il torneo di Viareggio con Bodini e Scirea. A causa di un forte trauma al ginocchio dovette smettere. Mario è stato un punto di riferimento: era il collante tra me e Dario».
– C’è un giocatore del paese che non ha rispettato le attese? «Mauro Saleri, classe 1958. Se sono quello che sono diventato, lo devo un po’ anche a lui. Passavo molto tempo all’oratorio a osservarlo. Aveva dei numeri pazzeschi, una tecnica eccelsa che gli permetteva di fare cose incredibili in spazi ristretti».
– Hai incominciato all’oratorio, ti ricordi qualche aneddoto? «Giocavamo liberi, non c’era un vero allenatore. Ci si trovava e si facevano le squadre. In estate organizzavamo tornei e le giornate erano infinite».
– A fine carriera vai a giocare in Inghilterra, la gente del villaggio di pescatori si autotassa per pagarti l’ingaggio. Le pizzerie inventano la pizza “Bonetti”… «Sono stati meravigliosi: ho vissuto un’esperienza bellissima. Giocavo senza il contratto; i tifosi pensando che me ne andassi, aprirono in tutta la contea un fondo “Bonetti”, dove ognuno poteva versava il proprio contributo…».
– Di cosa si occupa ora Ivano Bonetti? «Commercio un prodotto tecnologico, che applicato ai telefonini riduce del 90% il rischio biologico di radiazioni. È un dispositivo medico venduto anche in farmacia. Lo stiamo distribuendo a parecchie società di calcio come la Juventus, il Bayern e il Manchester».
– Qual è la formazione degli undici compagni migliori? «Prendo il gruppo Juve e quello della Samp, giocando a zona direi: Pagliuca, Mannini, Scirea, D. Bonetti, Cabrini, Bonini, Manfredonia, Platini, Lombardo, Vialli e Mancini».