TJ - Zambrotta alla Feltrinelli: "Vi svelo la mia verità del perchè lasciai la Juventus nel 2006. Conte? Ha trasmesso la mentalità della vecchia Juve. Scudetti? Sono trentadue"

In occasione della presentazione del suo libro, "Una vita da terzino", l'ex giocatore bianconero Gianluca Zambrotta ha risposto ad alcune domande del giornalista Roberto Perrone e del comico tifoso juventino Max Pisu. Ecco quanto estratto e trascritto da TuttoJuve.com presente all'evento: "Sono sempre stato tifoso del Como, la squadra della mia città, e della Juventus. Galliani mi voleva al Milan prima di andare alla Juve, ma poi arrivò Moggi e spese una cifra importante a quei tempi: trenta miliardi per un giocatore giovanissimo che aveva ventidue anni".
Zambrotta ha poi successivamente spiegato il suo passaggio da centrocampista a terzino: "Ho fatto il centrale di difesa, ho fatto il centrocampista in un centrocampo a tre con Carlo Ancelotti. Non sono nato terzino ma centrocampista offensivo laterale. Poi con Marcello Lippi dopo il Mondiale 2002 sfortunato dove mi feci male all'aduttore e dove rimasi fuori tre mesi, la Juventus prese Mauro Camoranesi dal Verona che giocava nel mio stesso ruolo. Lippi decise di far giocare tutti e due e il giocatore che poteva giocare più a livello difensivo ero io. Mi chiese se volevo giocare da terzino - io allora avevo ventiquattro anni -, ero giovane e avrei giocato dappertutto. Quindi risposi al mister che non c'era problema, infatti poi ricordo la partita d'esordio persa a Brescia e giocai a destra davanti a Camoranesi. L'anno dopo poi passai a giocare a sinistra".
Si è soffermato poi sul delicato tema della sua cessione al Barcellona dell'estate 2006, quella di Calciopoli: "E' passato tanto tempo dal 2006 e non ho mai avuto modo di spiegare quali sono stati i motivi e le sensazioni che stavamo vivendo io, la mia famiglia e chi mi stava vicino. La verità è che, in quei mesi, nessuno della Juve è venuto da me a dirmi che ero un giocatore importante. Saresti rimasto se te lo avessero detto? Probabilmente avrei preso in considerazione l'ipotesi, ma siccome non mi è stato detto io ho chiaramente fatto la mia scelta. Poi in quella situazione avevo squadre importanti come il Barcellona, il Real Madrid di Capello e il Milan e all'epoca avevo ventinove anni, un quattro o cinque anni ad alti livelli li potevo ancora fare. Rimanere a giocare in Serie B per quattro o cinque anni significava non aver la possibilità di vincer la Champions o comunque di vincere uno Scudetto. Ripeto, nessuno della Juve venne da me a farmi sentire importante per il nuovo progetto e quindi ho fatto le mie valutazioni. Ho detto la mia verità e quello che provato in quei momenti".
Il rammarico sulla Champions persa a Manchester: "Si, non fu un rammarico soltanto per me. Lo è stato per Pavel che non ha mai vinto una Champions, ma per tutti noi che quella finale l'ha persa. Se Pavel avesse giocato quel match avremo avuto più possibilità di vincerla. Rimane il rammarico di non averla vinta da calciatore, ma dall'altra parte ho vinto la coppa più importante alla quale un giocatore può ambire: la Coppa del Mondo. E' differente dal vincere la Champions, poichè la squadra di club può iniziare un ciclo e aver la possibilità di vincerla ogni anno. Pensate al Milan o a quei giocatori che han fatto la storia del Barcellona. Far parte di un gruppo ogni quattro anni e a vincere la Coppa del Mondo son davvero pochi. Se guardiamo la storia han vinto il Mondiale un'ottantina di giocatori, facendo una media di venti calciatori convocati per i quattro trionfi azzurri, su tantissimi giocatori".
E' interessante quando rivela di un annedoto con protagonista Pavel Nedved: "Sì, è vero quel che si dice. La famiglia Agnelli si alzava presto la mattina e un giorno videro uno sconosciuto correre. Chiamarono la sicurezza, ma scoprirono che in realtà era Pavel Nedved. Pavel andava a letto alle undici e si alzava alle sette, correva la mattina e faceva la seduta al pomeriggio".
Poi la domanda su Conte e se, un giorno, allenerebbe la Juve: "Un grande professionista, sia come calciatore e sia come allenatore. Da calciatore voleva sempre vincere, è stato capitano per una vita di quella Juventus. Non ho avuto modo di conoscerlo fuori dal campo, ma rispetta tutta la mentalità della vecchia Juve e questo ha fatto la differenza negli ultimi anni dei bianconeri. E' stata la persona giusta per la rinascita della Juventus. E' sempre sul pezzo. Alleneresti un giorno la Juve? (domanda pungente di Max Pisu ndr). Perchè no, nonostante quel che è successo in passato io sono sempre tifoso bianconero".
E, infine, ha risporto ad una domanda maliziosa di Tuttojuve.com in maniera chiara: "Gianluca, ma gli Scudetti della Juve quanti sono? Ovviamente trentadue".