Gilardino: "Se resto al Genoa? Ci penserò a fine stagione. Gudmundsson? Va lasciato libero in campo"
Intervenuto a "Radio Serie A con RDS", Alberto Gilardino, tecnico del Genoa, affronta diversi temi: "
È stato ed è un percorso molto bello, stimolante e affascinante. Ho iniziato 5 anni fa perché volevo mettermi alla prova e avere nuovi stimoli. Lo faccio con grande passione e questo mi piace. Credo che la perseveranza, la voglia di non porsi limiti e di crearsi nuovi stimoli nella vita, come nello sport, ti porta a fare un bel percorso. È nato tutto dalla volontà di provare qualcosa di nuovo; sono partito da categorie più basse per mettermi alla prova e per poter avere la possibilità di sbagliare e di migliorare dalla volta successiva.
Sono partito dal Rezzato, passando per Pro Vercelli e Siena, fino al ritorno nel 2022 al Genoa con la Primavera. Poter tornare a Genova in una nuova veste, dopo esserci già stato da giocatore, è stato stupendo. Mi sono ispirato ai molti maestri che ho avuto, preparati sia sul campo sia a livello umano e nella gestione del gruppo. Aver convissuto con diversi allenatori, nel corso della carriera da calciatore, mi ha dato la possibilità di prendere qualcosa un po’ da tutti. A livello umano e di carisma potrei citare Carlo Ancelotti, uno degli allenatori più vincenti, ma anche Lippi, Pioli, Gasperini, Prandelli nei miei primi anni a Parma… non li cito tutti, ma ognuno di loro mi ha lasciato qualcosa. Un allenatore deve sapere cosa vuole, solo così può lasciare qualcosa ai suoi ragazzi. Il lavoro e la costanza nella quotidianità, dormire poco e pensare tanto non solo al gioco e ai calciatori ma anche a tutti i componenti che fanno parte del gruppo: sono questi gli ingredienti fondamentali per poter lavorare bene e insieme verso un’unica direzione. Non mi pesa, c’è grande voglia e passione. Il destino conta tantissimo, ma bisogna farsi trovare pronti: nella vita di capitano dei treni, bisogna essere reattivi e bravi a cogliere e sfruttare l’occasione”.
IL PERCORSO DA ALLENATORE:
“Con Luca Prina ci sentiamo spesso e ci confrontiamo molto. Ama il calcio come lo amo io. Era il 2018, avevo appena finito di giocare, mi si è presentata l’opportunità di fargli da vice al Rezzato e ho colto la palla al balzo; lui è stato il tramite e mi ha dato un grande mano per iniziare. Io non avevo la presunzione di voler cominciare già con un grande club o da categorie importanti, volevo fare esperienza, crescere e imparare. Volevo capire quale fosse realmente la cosa che volevo fare da grande. Luca mi ha dato molti consigli e raccontato molti aneddoti, è stato molto importante per me. Per ogni allenatore sono fondamentali la voglia di crescere e di studiare, la capacità di mettersi in discussione e di capire le cose positive e quelle negative per sapere su cosa soffermarsi e studiare di più.
Dopo Rezzato sono stato a Vercelli e lì ho avuto la possibilità di lavorare in un ambiente familiare; in quell’anno abbiamo fatto molto bene con una squadra molto giovane e io ero molto contento perché sentivo di avere il supporto del Presidente e del direttore sportivo Massimo Varini: mi hanno messo a disposizione tutto quello di cui avevo bisogno e così è stato molto più facile lavorare.
A Siena ho lavorato e fatto esperienza tra Serie B e Lega Pro. Il primo anno la società ha preso posizione non seguendo in prima persona la squadra, cosa fondamentale in Serie D; ad inizio stagione eravamo secondi in classifica, ma dopo alcuni diverbi con la società ho lasciato il ruolo. Nel finale di stagione mi hanno richiamato per cercare di raddrizzare il tiro; all’inizio del campionato la squadra aveva un lavoro costruito ad hoc per i giocatori che c’erano per fare un certo percorso, ma il tutto era sfumato durante la stagione.
Poi la chiamata dal Genoa con Carlo Taldo e Michele Sbravati; tornare in un ambiente che sentivo familiare mi ha aiutato. Dopo 6 mesi è arrivata la chiamata in prima squadra e poi sappiamo tutti com’è finita la cavalcata della scorsa stagione.
Abbiamo fatto tutti un lavoro incredibile, cercando ogni giorno di trovare soluzioni e di correggere il tiro, con il costante e continuo sostegno dei tifosi”.
IL GENOA:
“La fiducia è fondamentale e determinante per un allenatore, perché sentendosi sostenuto dal club trasmette il tutto alla squadra, allo staff e al gruppo. Il 1 Luglio 2022 sono diventato allenatore della Primavera del Genoa, ma per capire come sono andate le cose dobbiamo fare un passo indietro: mi sono incontrato con il direttore Carlo Taldo in un bar a Chiavari per bere un caffè; al termine del nostro colloquio non avevo certezze o conferme, ma le sensazioni erano molto positive. Io amo questo sport e vivo di emozioni, di passione e di momenti. Di carattere sono molto introverso, ma le emozioni che vivo con questa società sono impossibili da placare. Il 6 Dicembre sono diventato allenatore ad interim della prima squadra: avevo le possibilità di giocarmi la panchina e di dimostrare quanto valevo, con la voglia di giocarsela alla grande. Mi sono portato il mio secondo dalla Primavera e tutto lo staff che avevo, che è stato fondamentale per raggiungere l’obiettivo. In questo lavoro le emozioni vanno lasciate da parte quando si è in campo, bisogna essere chiari con i giocatori e condividere con loro gli obiettivi”.
LA PROMOZIONE IN SERIE A CON IL GENOA:
“Dico spesso ai ragazzi che prima di andare a dormire, la sera, bisogna porsi un obiettivo e rincorrerlo fino a raggiungerlo; per farlo ci sono mille strade ma quella più importante è la costanza e il desiderio di volerlo centrare. Ragionando così prima o poi ce la si fa.
Essere me stesso mi ha permesso di farmi capire, di far vedere l’uomo prima dell’allenatore, di trasmettere idee chiare e motivazioni positive. Dopo la promozione dalla Serie B alla Serie A non ho avuto pensieri di sconforto, anzi avevo voglia di mettermi in gioco; ho avuto subito la percezione di quello che è il nostro campionato dopo la prima partita con la Fiorentina che mi ha fatto barcollare un attimo, ma già a Roma con la Lazio avevamo capito come raddrizzare il tiro per riuscire a fare bene.
Il DNA del Genoa è passione e determinazione, rabbia agonistica e anche saper giocare a calcio, perché quest'anno abbiamo saputo giocare a calcio e in più partite abbiamo fatto grandi partite contro grandi squadre. Paradossalmente abbiamo sofferto un po’ di più giocando contro squadre che si giocano tanto, come per esempio nella partita pareggiata in casa con il Frosinone. Siamo cresciuti tantissimo dall’inizio ad oggi, sia come singoli che come gruppo. Tanti giocatori come Gudmundsson, Bani, Frendrup, Sabelli e De Winter hanno fatto un percorso importante. Sono rientrati giocatori importanti come Retegui, Malinovskyi e Messias: vorrei citarli tutti perché tutti hanno avuto una crescita straordinaria e sono stati impattanti nel corso della stagione”.
GENOVA:
“Genova è sole, mare e qualcosa di unico. La passione che c’è è indescrivibile.
L’avevo già percepita da giocatore, da allenatore sento qualcosa di simile. Con la promozione in Serie A abbiamo scaldato ancor di più i tifosi che riempiono lo stadio ogni domenica e ci seguono sempre. Amano in modo incondizionato la maglia e lo dimostrano sempre”.
GUDMUNDSSON E RETEGUI:
“Gudmundsson è un giocatore che bisogna lasciare libero all’interno del campo, soprattutto in fase di possesso è molto bravo a ritagliarsi lo spazio nelle zone di campo. Non ha solo dribbling, ma anche attitudine in fase difensiva. Retegui è una prima punta classica, è un giocatore che lavora molto bene dentro l’area di rigore e sa muoversi in quella zona di campo. Sente la porta, poi sa anche lui che può e deve migliorare in tante situazioni, in gioco aperto, nel primo controllo e nella copertura della palla. C’è la volontà di migliorarsi e di crescere, lui lo sa e questo è un vantaggio. Se da ex attaccante sono più severo con lui che con gli altri? Sono uguale con tutti, è normale che con gli attaccanti facciamo lavori specifici così come per gli altri reparti. Lui può e deve migliorare assolutamente, è un giocatore che ha margini di miglioramento importanti nella costruzione, nel primo controllo e nella copertura della palla. Il suo fiuto del gol è istinto, quello ce l’ha dentro. Europeo? Penso che possa essere importante per questa Nazionale e mi auguro faccia un grande finale di stagione con noi”.
LA PROSSIMA STAGIONE:
“Se allenerò ancora il Genoa? Io dico sempre la verità: qua ho fatto e sto facendo un percorso di crescita incredibile. Il pensiero più grande è finire nel modo migliore questa stagione, ci sarà poi il tempo di pensare al futuro. La decisione non spetterà solo a me, per ora cerchiamo di finire nel modo migliore e fare più punti possibili. In quelle situazioni, oltre all’aspetto contrattuale, bisognerà capire gli obiettivi e i programmi in base a quale sarà la volontà della società nei confronti della squadra. Se la società deciderà di sacrificare giocatori bisognerà capire quali giocatori entreranno, che magari avranno bisogno di tempo per adattarsi. Il mio sogno da allenatore? Confermarmi come allenatore di Serie A, questo diventa importante nell’ottica di futuro immediato. Io vivo molto nella realtà quotidiana, penso una partita alla volta e cerco di non pensare oltre. Cerco di ragionare così anche per il futuro”.