Garlando: "Le ragioni difensive di capitan Chiellini e il gioco che gli ha dato l'unico eurotrofeo"

Continuano a far discutere le parole di Chiellini, che dopo la sconfitta contro la Spagna, ha criticato l'atteggiamento dell'Italia affermando che avrebbe dovuto giocare più in difesa. Dalla pagine de La Gazzetta dello Sport, Luigi Garlando a proposito scrive: "Se l’allegriano Chiellini, che non ha mai remato con troppo entusiasmo per Sarri e Pirlo, evoca nostalgie difensivistiche, in un Paese storicamente più portato alla Restaurazione che alla Rivoluzione, è bene concederci qualche riflessione. Se Mancini per tre anni non avesse chiesto al gruppo di cercare il dominio ovunque e contro tutti, la sua Nazionale non avrebbe avuto il coraggio di vincere una finale a Wembley contro i padroni di casa con il 60% del possesso. Chi vince in Europa, attacca e domina. L’Italia di Mancini è un tutt’uno con il suo gioco, impossibile scindere le due componenti. Sarebbe come strapparle l’anima. L’anima va bene, si può migliorare il corpo per renderlo atleticamente più forte, capace di interpretare ad alta intensità l’ambizioso spartito di Mancini.
Non bisogna peccare di gratitudine. Se gli eroi di Wembley sono sotto tono, si può cambiare, con il coraggio che ha mostrato Luis Enrique lanciando il 17enne Gavi. Abbiamo centrocampisti di gamba e piede che prima non avevamo: Tonali, Locatelli, Zaniolo, Pellegrini... Ci viene il sospetto che con una mediana Barella, Locatelli, Tonali e Pellegrini a sinistra, il primo tempo di San Siro sarebbe stato diverso. Il problema non può essere un gioco che ci ha resi imbattibili per 3 anni. Senza quel gioco, Chiellini oggi non avrebbe un trofeo internazionale in bacheca. Solo finali perse all’italiana".