Sotto la lente - Juve, perché subisci e non favelli?

Tosatti: Certo che siete messi bene, anche La Stampa è contro di voi.
Moggi: Quando fanno contro la Juventus sono d'accordo tutti.
Tosatti: Ma possibile che non possiate far nulla neanche con La Stampa?
Moggi: Giorgio... ehh ... siamo...
Tosatti: Godevano a mettervela nel culo.
Moggi: Sì, è vero.
Tosatti: Capisco Repubblica..... [.......] Ci sarà qualcuno che comanda... Grande Stevens...
Moggi: Ti devo dì 'na cosa, Giorgio, non conta nessuno qui, morti l'Avvocato e il Dottore, è terra bruciata, mi sto quasi arrendendo, mi son rotto i coglioni, mi assumo delle responsabilità che non son le mie... combatti contro il mondo... poi devi metter sempre la faccia.
Tosatti: Avete contro tutti i mezzi di informazione.... rischi di essere troppo esposti
Moggi: Non c'è un intervento della proprietà.... tutti addosso [.....] Fanno di tutto, tutti gli ambienti, per distruggere la squadra e la Società; quando si saranno riusciti avranno azzerato Torino in tutto..... [...] E' una cosa abominevole"
Sono solo pochi stralci significativi di una telefonata, di oltre 10 minuti, tra Luciano Moggi e Giorgio Tosatti, del 21 aprile 2005: è una premonizione ed è la vera chiave di volta di quella situazione, altro che le grigliate; manca ancora un anno allo scoppio di Calciopoli, ma la quinta colonna torinese era già entrata in azione: risale infatti al 31 dicembre 2004 l'incontro di Marrakech tra John Elkann e Jean-Claude Blanc, il seme di Calciopoli.
La situazione in pratica era questa: la Juve perseguitata per ogni stupidaggine, quando agli altri andava tutto di lusso (dai passaporti ai cambi di regolamento in corsa); e alla fine toccava sempre a lui, a Luciano Moggi, mettere la faccia e il naso in quel letamaio, nel disinteresse della proprietà alla quale la Triade non chiedeva un euro.
Il Milan aveva le televisioni (eh sì, Auricchio, ce le aveva, Le è sfuggito, come tante, troppe altre cose) e il potere politico, la Roma dietro aveva le banche e il potere politico, l'Inter disponeva dei soldi di Moratti e della potente intelligence Telecom. E contro i vari Moratti, Berlusconi, Geronzi, Tronchetti Provera e compagnia cantante, con eserciti armati di veri e propri cannoni, Moggi e Giraudo lottavano, da soli, con la cerbottana.
Com'è finita lo sappiamo tutti.
Sono passati due lustri, ma su quel versante non è cambiato nulla.
Nemmeno Calciopoli ha insegnato nulla.
Perché oggi siamo allo stesso punto: tutto è ricominciato quando si è capito che la Juve era pronta a tornare (dal goal di Muntari, se vogliamo trovare un punto di partenza, anche se già l'arrivo di Conte, 'figuro' ben conosciuto, qualche pulce nell'orecchio l'aveva messa, al punto che gli si è fatta pagare una colpa mai commessa per il calcioscommesse, vissuto solo sul nome di Conte) è stato un crescendo incessante: quest'anno poi, con il terzo scudetto consecutivo nel mirino bianconero, la grancassa mediatica, che incarna il sentimento popolare, non dà tregua.
All'inseguimento, si fa per dire, della Juve c'è la Roma e allora ecco la muta guidata dal Corriere dello Sport, che ha preso il posto della Gazzetta farsopolara, che resta in attesa che le due milanesi si ripiglino dal coma economico in cui sono precipitate: soprattutto l'Inter, perché in RCS 'nascono interisti'; con il placet di John Elkann; anche se, vedendo 'La Stampa', il cosiddetto giornale di famiglia, forse tutto sembra meno oscuro. Lo attorniano gli altri giornali romani e romanisti e il concerto sguaiato e stonato delle radio romane.
E via con le marce sulla Figc e coi dossiers, dove la Juve viene presentata come la squadra che si trova lassù grazie ai favori arbitrali: a prescindere dal fatto che il vero errore e unico 'episodio' (dizione post Calciopoli) arbitrale a favore dei bianconeri è il goal valido annullato (su segnalazione dell'assistente Preti) a Paloschi in Chievo-Juve; per tutto il resto la Juve ha spesso anche subìto gli arbitraggi; ma degli 'episodi' a suo sfavore non si parla; né dei favori riservati alle contendenti per il titolo.
Più tanto altro fango assortito che le viene riversato addosso.
E il ritornello è sempre lo stesso: Calciopoli è tornata. L'assassino è sempre il maggiordomo, cioè la Juve, ha detto Buffon. A prescindere dal fatto che i due monelli con la cerbottana siano stati fatti fuori.
Tutti addosso, ma non c'è un intervento del club: non parlo della proprietà, per carità, sappiamo benissimo che la Juve per Elkann non è un amore, e nemmeno un calesse; solo un asset.
Allora ad esporsi era Moggi, adesso, stante la scarsa incisività e mediaticità di Marotta, è Conte: non ne può fare a meno, lui è uno sanguigno e se una zanzara gli transita davanti al naso non la passa liscia (e la scandalosa vicenda di Scommessopoli non ne ha certo ammorbidito lo spirito guerriero); certo, facendolo spesso a fine partita, si porta appresso lo stress adrenalinico del post gara, e allora diventa a sua volta il bersaglio di roventi quanto prevenute critiche. Ma sta di fatto che ci mette la faccia e difende il 'fortino assediato' di moggiana memoria.
Certo, per carità, non vogliamo proprio pensare ad un Andrea Agnelli che si metta a battibeccare con un Pulvirenti qualsiasi o con uno dei tanti che si paludano dietro i paramenti del giornalista o, peggio ancora, dell'onorevole, tutti indistintamente a caccia di audience e di visibilità, per di più spinti da un tifo che non è sana e genuina passione sportiva, ma faziosità conclamata.
Né ci piacciono quei club che usano i siti come arma letale: ricordiamo il vergognoso comunicato con cui il Milan dopo Milan-Juve del 25 febbraio 2012 (quello passato alla storia per il goal di Muntari con occultamento di quello di Matri) accusava Pirlo di due gomitate verso Van Bommel; decisamente un esempio di mala (nel senso di disdicevole, come minimo) comunicazione.
Ma da questo ad accettare supinamente tutto non ci sta: perché sappiamo dove ci ha portato.
E' stato giustissimo che Andrea Agnelli stigmatizzasse personalmente e severamente gli striscioni anti-Superga, ma né dalla Juve né da Andrea sono mai giunte manifestazioni di sdegno altrettanto efficaci quando vittime di oltraggio sono stati, e ripetutamente, le vittime dell'Heysel, Scirea, Ale&Ricky o stato dileggiato il dramma di Pessotto.
Né mai, davanti a putiferi mediatici assolutamente insensati con distorsioni anche evidenti (il dito indice di Vidal tradotto da Cesari in dito medio, ovvero insulto all'arbitro rimasto impunito) come nel dopo derby, si è provveduto a ristabilire la verità storica: come invece è stato fatto da singoli tifosi sul web.
Già il web! Perché oggi gli strumenti a disposizione sono davvero tanti: non solo il sito, dove fanno bella mostra gli interventi del Presidente davanti a platee internazionali, ma anche e soprattutto i social, da Twitter a Facebook, i cui contenuti, sin da subito a rapidissima e capillare diffusione, vengono poi molto spesso ripresi e incapsulati nei media tradizionali.
Insensato obiettare che tutto ciò cozzi contro la necessità di non abbassarsi al livello di chi porta tali attacchi beceri: erano altri tempi quelli in cui il carisma dell'Avvocato e l'autorevolezza del Dottore erano una diga contro gli tsunami.
Dopo la loro morte è stata 'terra bruciata' ovunque.
Calciopoli è passata sopra la Juve e sopra la verità. Poi la Farsa è stata disvelata, ma i danni sono rimasti: anche mediaticamente.
In ciò grande colpa ha avuto la Società guidata da Elkann (non oso chiamarla Juve) quando affidò all'avvocato Zaccone il compito di affossare una Storia gloriosa, con la richiesta della serie B per aver riscontrato la presenza di illeciti, dopo aver guardato al massimo la copertina delle carte dell'accusa: perché tanto quel processo doveva essere una Farsa; gli illeciti non li trovò nemmeno la Figc, che dovette inventarsi l'illecito ambientale, per non deludere il sentimento popolare, che ormai sentiva l'odore del sangue. Perché gli avvocati, quelli che veramente le carte poi le hanno lette (certo, sono occorsi anni...) hanno trovato, sì, gli illeciti, ma a carico di altri, premiati per aver intercettato, spiato, pedinato.
Ed essere apostrofati sempre impunemente come 'ladri' non giova: non giova sul piano dell'immagine del marchio e, soprattutto, rischia di innescare pericolose valanghe.
"Una bugia è come una palla di neve: quanto più rotola tanto più s'ingrossa", è una frase di Lutero citata l'altro giorno nella sua intervista da Pieri, una delle tante vittime della Grande Farsa.
E' la vicenda di Calciopoli.
Ma la Juventus è rimasta l'alibi di chi non vince mai, il bersaglio prediletto di chi è vittima frustrata delle proprie incapacità: e che continua a innescare pericolose valanghe