Gli eroi in bianconero: Paolo DI CANIO
Nasce a Roma il 9 luglio 1968. Trascorre l’infanzia nel quartiere romano del Quarticciolo, zona periferica e popolare di Roma, dove la maggior parte degli abitanti è di fede romanista. Fin da ragazzino Di Canio è ribelle ed anticonformista e lo dimostra scegliendo di tifare per la Lazio, nonostante in famiglia siano quasi tutti tifosi romanisti. Dopo aver giocato per squadre minori della capitale, all’età di quattordici anni entra a far parte delle giovanili della Lazio. È uno dei giocatori più promettenti del vivaio biancoceleste, ma anche molto irrequieto e difficile da gestire sul campo. Il sabato pomeriggio gioca e di notte parte con gli “Irriducibili”, uno dei gruppi ultrà più duri di tutto il tifo laziale, per trasferte in ogni angolo d’Italia. Nel 1986 vince il campionato Primavera con la Lazio e la stagione successiva è ceduto in prestito alla Ternana in serie C2. Colleziona 27 presenze e 2 reti. Nella città umbra conosce Elisabetta che sposerà alcuni anni dopo. Al rientro da Terni è pronto per far parte della prima squadra della Lazio, ma un infortunio al tendine lo tiene fuori per l’intera stagione 1987/88.
Finiti i malanni Paolo Di Canio si rilancia, diventando titolare della Lazio neo promossa in Serie A. Debutta il 9 ottobre 1988 ed entra negli annali della storia laziale grazie alla rete decisiva nel derby con la Roma del 15 gennaio 1989. Le buone prestazioni permettono a Di Canio di entrare a far parte della Nazionale Under 21. Nell’estate del 1990, la Lazio per fare cassa, contro la volontà del giocatore, è costretta a cedere Di Canio. Passa alla Juventus dove la concorrenza è spietata: Baggio, Hassler, Schillaci e Casiraghi e lui, tutti a caccia di una maglia da titolare. Il primo anno alla corte di “Madama”, quello con Gigi Maifredi in panchina, è attraversato da luci ed ombre; con Trapattoni, malgrado qualche iniziale mugugno, Di Canio ritrova entusiasmi e stimoli. Della curva juventina, quella dedicata al fuoriclasse del calcio e della vita Gaetano Scirea, è un beniamino. I sostenitori bianconeri si riconoscono in lui, nella sua genuinità, in quel suo essere privo di maschere e reticenze. E lui ricambia tanto affetto piroettando sul campo, con quel suo modo “sudamericaneggiante” di intendere e interpretare il football. Arrivati Vialli e Ravanelli, per Di Canio c’è sempre meno spazio e, dopo aver vinto la Coppa Uefa nel 1993, litiga con l’allenatore di Cusano Milanino ed a luglio dello stesso anno viene prestato al Napoli.
Nella squadra partenopea, Di Canio ha la possibilità di giocare con continuità e sfogare il suo talento. Colleziona 26 presenze e cinque reti che lo portano ad essere eletto nella “Squadra dell’Anno” della Serie A. A fine stagione scade il contratto con la Juventus, ma il Napoli vuole confermarlo; la società bianconera sta concludendo l’acquisto di Ciro Ferrara, anch’esso a fine contratto con un parametro di nove miliardi di vecchie Lire. La Juventus intende detrarre i soldi del parametro di Di Canio, considerato che il giocatore manifesta l’intenzione di restare a Napoli, libero di scegliere essendo a fine contratto, considerato che, all’epoca, bastava appunto pagare il parametro. La squadra partenopea, in quel periodo, aveva necessità di monetizzare per evitare il fallimento e, quindi, prese i 9 miliardi rinunciando a Di Canio, che si trasferì al Milan. Totalizza con i rossoneri 37 presenze e sei reti in due stagioni, condite da uno scudetto e da una Supercoppa Europea. Di Canio non si smentisce mai ed arriva allo scontro fisico anche con Fabio Capello; nell’estate del 1996 emigra in Gran Bretagna, in Scozia, al Celtic Glasgow. In una sola stagione diventa un idolo del calcio scozzese, fino ad essere eletto “Giocatore dell’anno”.
Nell’estate del 1997, a seguito di contrasti con la dirigenza, lascia la Scozia per trasferirsi in Inghilterra allo Sheffield Wednesday. Anche in Inghilterra viene votato “Giocatore dell’anno” ed insieme a Zola, diventa alfiere del calcio italiano d’Oltremanica. Il 26 settembre 1998 accade un episodio increscioso: Di Canio protesta contro l’arbitro Paul Alcock e, spingendolo, lo manda a terra. Rimedia undici giornate di squalifica ed i media inglesi, così come l’opinione pubblica, sono scandalizzati e lo contestano duramente. Lo Sheffield vende Di Canio, per poche sterline, al West Ham United nel gennaio 1999. Con la maglia della squadra londinese, Paolo vive una seconda giovinezza. Ben presto diventa un idolo degli “Hammers” e vince il titolo di capocannoniere nel 1999/2000. Sempre nello stesso anno, riceve dalla Fifa il premio “Fair play”, per la correttezza e la sportività dimostrata sul campo: durante un’azione di attacco, il portiere avversario si infortuna, rimanendo a terra; Di Canio, anziché approfittare della situazione e mettere facilmente il pallone in rete, ferma il gioco di sua iniziativa, richiamando l’attenzione del direttore di gara.
Nell’autunno del 2000 esce la sua autobiografia; nel libro, che riscuote da subito un buon successo, Di Canio racconta senza paure, pregi e difetti del calcio italiano, i difficili rapporti con gli allenatori, fino a parlare di politica e religione. Nell’estate del 2003 passa al Charlton Athletic con un contratto annuale. È il preludio di un ritorno alla Lazio che si concretizza nell’agosto del 2004. Alla presentazione sono presenti 5.000 tifosi laziali. Di Canio ha problemi anche con l’allenatore Caso e l’avvento di Giuseppe Papadopulo è un toccasana. Nel derby del 6 gennaio 2005, Di Canio segna un goal sotto la Curva Sud come sedici anni prima, ma è una delle poche soddisfazioni in una stagione problematica per la Lazio e per l’attaccante romano, che rimane spesso fuori per infortuni e scelte tecniche. In totale realizza 24 presenze e 6 goal. Nel luglio 2005 pubblica il suo secondo libro: “Il ritorno: un anno vissuto pericolosamente”, in cui racconta la stagione appena trascorsa. La figura del “personaggio” Di Canio è sovente alla ribalta per il saluto romano che è solito rivolgere alla curva laziale. Il gesto suscita diverse polemiche e fa discutere per parecchio tempo piazze, bar e studi televisivi. Verrà squalificato per una giornata e punito con un’ammenda, rischiando pure un procedimento penale, essendo il saluto romano vietato dalla legge. Sul campo, però, è sempre un protagonista, contribuendo al buon campionato della squadra laziale.
Di Canio amato oppure odiato, un personaggio che farà sempre discutere.