Gli eroi in bianconero: Luis MONTI
Luisito Monti è stato grande fra i grandi; non c’era juventino che non lo ricordasse, che non avesse negli occhi le imprese di quel gigante, che non avesse apprezzato gli enormi sacrifici ai quali si sottopose per poter dimostrare anche alle platee italiane il valore mostrato prima in Argentina, in Uruguay ed ad Amsterdam, nel torneo olimpico del 1928. Ma è bene dire subito che Luis giocò senz’altro meglio in Italia di quanto non avesse fatto negli anni giovanili in Sud America. Forse anche perché nella Juventus era circondato da grandissimi campioni. Quando venne creato il campionato a girone unico, i dirigenti della Juventus decisero di costruire una squadra favolosa, destinata a dettare legge per un lungo periodo. Gli anni trenta in casa bianconera sarebbero stati il frutto di una accorta e tenace fase preparatoria, avviata con la presidenza di Edoardo Agnelli, magnate di molti splendori
Luisito Monti aveva colpito tutti alle Olimpiadi di Amsterdam nel 1928 e la Juventus, di buona memoria e già fortunata con altri oriundi, pensò proprio a lui quando decise di completare la squadra. Monti, nel frattempo, aveva già interrotto l’attività agonistica: faceva il pastaio a Tigre, sobborgo di Buenos Aires, produceva (e mangiava) ravioli e tagliatelle. Aveva già compiuto i trenta anni e non era affatto allenato. Ma si lasciò convincere, anche per le insistenze di Orsi e Cesarini.
Dopo essere sbarcato a Genova il 1° agosto 1931, era atteso a Torino dalla curiosità dei giornalisti e dall’altra, ben più motivata, dei dirigenti bianconeri. Rimasero tutti di stucco quando lo videro scendere dal treno a Porta Nuova, perché il nuovo centromediano pesava la bellezza di 92 chili e dimostrava assai più dei trenta anni dichiarati. Rendendosi conto della sbalordita delusione di tutti e colpito a fondo dall’ironia dei commenti che gli si rovesciarono addosso, Monti chiese fiducia e qualche mese di tempo. Glieli concessero, anche se erano in pochi a credere che quell’omaccione, appesantito dalla pinguedine, potesse far riaffiorare i muscoli e renderli di nuovo scattanti.
Ma pochi conoscevano che razza d’uomo fosse Luis. Per tutto il mese di agosto, lavorando da solo sotto il sole cocente, implacabile, deciso a spuntarla, raggiungeva il campo la mattina alle 6:00, correva, sudava, saltava, il torace coperto da tre maglioni, concedendosi il minimo apporto di calorie per ottenere ogni giorno una riduzione di peso. Spingeva avanti sull’erba un pallone medicinale (quelli pesanti 3/4 chili) e stringeva i denti, sempre tornando a correre, a saltare, a sudare, perché i maligni si rimangiassero le cattiverie ed i dubbi sulle sue possibilità di recupero e di rinascita.
Quando la squadra si ricompose dopo le ferie per iniziare gli allenamenti in vista della nuova stagione agonistica, Monti apparve già “tirato” sensibilmente. Era riuscito a perdere qualcosa come 12 chilogrammi. E la forma era già buona.
Ma sulle capacità tecniche del giocatore nessuno aveva mai nutrito dubbi di sorta. II primo allenamento con partita venne effettuato il 22 settembre ed in quella occasione Luis segnò la prima sua rete in bianconero: una bordata dal limite di inaudita potenza. Ancora un paio di settimane di duro lavoro, poi Monti si insediò al centro della mediana, miracoloso nel recupero fisico e nella straordinaria potenza di gioco.
La sua carriera cominciava a trenta anni suonati, la Nazionale italiana l’avrebbe richiesto a trentadue, a trentatre avrebbe conquistato il titolo mondiale a Roma contro la Cecoslovacchia, dopo essere stato finalista con l’Argentina nel 1930 a Montevideo contro l’Uruguay. Infine il posto di titolare nella Juventus sarebbe stato suo sino al campionato 1938/39, quando ormai trentasettenne, totalizzò ventiquattro presenze su trenta partite. Luisito Monti era tutto casa e famiglia, gelosissimo della propria privacy.
Non si concedeva svaghi, non acquistò mai un’automobile, anche perché aveva preso l’abitudine di andare (e tornare) dal campo a piedi per combattere la pinguedine; e continuò per anni a macinare ogni giorno decine di chilometri in più, con quelle gambe massicce, capaci di spedire il pallone a cinquanta metri di distanza, con precisione millimetrica.
Probabilmente, Monti è stato l’inventore del silenzio stampa, in quanto, dopo la tormentata vicenda del suo arrivo a Torino, gli rimase una diffidenza invincibile verso i giornalisti, che giudicava, nel suo risentimento, gente capace di esaltare o di distruggere un giocatore, senza tanto pensarci, ma è stato ed è rimasto un uomo di grandissima dignità.
È stato, senza dubbio, il più forte centromediano metodista apparso in Italia, dove non si era mai visto un atleta dotato di un tiro così forte con i due piedi, un “bestione” così grosso e pur così pulito e delicato nel tocco, incontrista feroce e praticamente insuperabile, acrobatico, sicuro negli stacchi e nelle incornate difensive. Poiché non amava correre (e con quella mole non era nemmeno facile!), Luisito veniva chiamato “L’uomo che cammina”. In effetti faceva correre la palla e sapeva lanciarla, come nessuno, in perfette proiezioni sulle esterni. Non fu facile per nessuno superarlo, assolutamente impossibile prenderlo in giro sul terreno di gioco. Ne sanno qualcosa Schiavio e Sindelar, un italiano ed un austriaco, che, con la forza o con l’astuzia, cercarono di umiliare l’erculeo Luis. Ed accadde che entrambi, in diverse occasioni, lasciarono il campo in barella.
Luisito Monti era nato a Buenos Aires il 15 maggio 1901 ed aveva iniziato a giocare a calcio nelle formazioni giovanili del San Lorenzo de Almagro. Ben presto conquistò la maglia di titolare e successivamente venne acquistato dal Boca Juniors. Nazionale argentino alle Olimpiadi di Amsterdam (1928) ed al primo campionato del mondo disputato in Uruguay (1930), Monti passò poi alla Juventus grazie alla sua doppia nazionalità. Luis, infatti, era figlio di genitori italiani emigrati in Argentina. Monti è stato l’unico giocatore ad aver giocato finali di Campionato del mondo per due nazionali diverse: nel 1930 con l’Argentina contro l’Uruguay (fu sconfitta per 1-2) e nel 1934 con l’Italia contro la Cecoslovacchia (fu vittoria per 2-1).
In azzurro Luisito Monti esordì il 27 novembre 1932, contro l’Ungheria (4-2), dopo aver vinto con la Juventus il primo dei suoi quattro scudetti. Gioca una partita eroica ad “Highbury”, tempio dell’Arsenal, contro gli inglesi, restando in campo con un alluce spezzato per non lasciare in dieci i compagni. La sua ultima partita in Nazionale Monti la giocò nel 1936 contro la Svizzera a Zurigo, dove gli azzurri si imposero con il punteggio di 2-1. Un grave incidente riportato in campionato lo mise fuori combattimento e lo convinse a lasciare.