Gli eroi in bianconero: Armando MIRANDA
Armando Miranda, brasiliano, nato a San Paolo il 12 dicembre del 1939, ultimo di dieci fratelli, attaccante del Corinthians. Mezzala ambidestra o centravanti, è tesserato come oriundo (padre e madre di origine italiana, di San Giuliano presso Napoli. Miranda è un ragazzone di un metro e 82 per 80 chili, con una strana rassomiglianza con il suo connazionale Angelo Benedicto Sormani, e con un tiro fulminante.
La Juventus lo strappa al Flamengo, nella stagione 1962/63, rimandando a casa, senza averlo mai impiegato, un certo Amàro (altro brasiliano) fatto venire a Torino in un momento di disattenzione. Erano tempi di difficili ed anche per un club serio come quello bianconero era facile fare confusione. Chi lo vede in allenamento rimane allibito: questo ragazzone di ventiquattro anni, che ne dimostra almeno trenta, è goffo sia nel palleggio che nella corsa, non molto rapido nello scatto. Ma una dote, Armando, ce l’ha: il suo tiro è un’autentica cannonata, pronta ad esplodere da qualsiasi posizione del campo.
Armando possiede anche una notevole personalità; gli avversari sentono la sua presenza in campo e questo favorisce il gioco di compagni. Non ha paura degli stopper avversari: «I centromediani italiani mi appaiono più duri di quelli brasiliani, ma nemmeno troppo; insomma, non sono quegli orchi di cui mi raccontavano. Io sono abituato, in Brasile od in Italia, ad avere un uomo che mi marca senza tregua, per paura del mio tiro».
Miranda si presenta al pubblico italiano il 14 ottobre 1962 allo Stadio Olimpico contro la Roma, segnando il goal che consente alla Juventus di pareggiare il goal romanista di Lojacono; è un goal su punizione da trentacinque metri che Cudicini, portiere giallorosso, non vede nemmeno. La domenica, al “Comunale”, la gente che si prepara a fischiare quel tipo grosso, formato agricoltore texano che corricchia trascinando per il campo il suo testone, è zittita dalla doppietta di Miranda.
Altri sette giorni, vittoria 1-0 nel derby con rete decisiva di Miranda su punizione: il portiere granata Vieri, non riuscirà a capire, per anni, come ha fatto a prendere un goal così, da più di 35 metri. Rientra da un infortunio il 4 novembre in Juventus-Napoli giusto in tempo segnare la rete decisiva dell’1-0, questa volta di testa. Quattro partite, cinque goal. Se si fosse presentato così Maradona, vent’anni dopo, i giornali sportivi sarebbero impazziti.
La Juventus con Miranda gioca praticamente in dieci, finché la palla non arriva nei paraggi di questo strano brasiliano, che di colpo fa esplodere il suo tiro terrificante, che quando centra la porta, è sempre decisivo.
Poi, entra in ballo la sfortuna, sotto forma di uno strappo muscolare, che lo toglie dal terreno di gioco; rientra giusto in tempo per la partitissima di Bologna e, naturalmente, segna ancora su punizione. Altri infortuni, in seguito, e qualche altra fugace apparizione; Juventus - Spal, ultima di campionato, sarebbe un fiasco se Miranda non segnasse il suo goal, finisce 2-2 ed il secondo posto è salvo.
Armando, pur chiudendo la stagione con dodici goal in diciassette partite, a fine stagione deve ritornare in Brasile con Siciliano, per far posto alla coppia formata da Nené e Dino Da Costa.
Miranda se ne andò, lasciando qualche rimpianto ed una serie di goal favolosi, soprattutto realizzati con bordate lunghe e forti. Segnò anche da oltre metà campo, e qualcuno si prese la briga di misurare la distanza: 49 metri. Per molti portieri la sua partenza fu la fine di un incubo; con Armando avversario, c’erano da rivedere tutte le teorie, si doveva entrare in allarme non appena il brasiliano passava la linea di centrocampo palla al piede.
Purtroppo, malgrado la statura, era molto debole nel gioco di testa e Sivori, abituato agli assist aerei di John Charles, non si trovava a proprio agio di fronte ai goal di forza e nient’altro di questo ragazzone grezzo e sgraziato. Si disse che era stato il parere negativo dell’ancora potente, sia in campo che nello spogliatoio, Omar a segnare il destino di Armando Miranda. Ma il dinoccolato brasiliano resta comunque, e con buoni motivi, nella storia della Juventus.