Gli eroi in bianconero: Angelo DI LIVIO
Angelo Di Livio è nato a Roma il 26 luglio 1966. Centrocampista, è alto 1,73 e pesa 73 Kg. Cresciuto nella Polisportiva Bufalotta, a 15 anni è passato alla Roma, nel cui settore giovanile ha completato la trafila da “junior” coronandola con la conquista del Torneo di Viareggio nel 1984.
Nell’estate dell’anno successivo inizia il suo giro d’Italia che lo porta a vestire le maglie di Reggiana e Nocerina in C1, Perugia in C2, che lo riscatta dalla Roma acquistandolo a titolo definitivo. Con la squadra umbra disputa due campionati e mezzo, ottenendo una promozione in C1 nel 1987/88. Nell’ottobre del 1989 finisce al Padova e ci resta per quattro campionati, rivelandosi uno dei migliori centrocampisti del torneo “cadetto” tanto da suscitare l’interesse della Juventus, che lo acquista nell’autunno del 1993, su espressa richiesta di Giovanni Trapattoni.
«Sono riuscito a coronare, con fatica e non in verdissima età, quello che è stato un obiettivo al quale ero ripetutamente andato vicino senza però mai raggiungerlo. E se ho giocato in A, e per di più con la Juventus, devo ringraziare soprattutto i miei vecchi allenatori Colautti e Sandreani ed il direttore sportivo patavino Piero Aggradi. Quindi, pur rimanendo sempre con i piedi per terra, mi è sembrato di toccare il cielo con un dito. La molla che mi ha spinto da sempre era la voglia di arrivare e la capacità di sacrificarmi, in campo, come nella vita di tutti i giorni. Se non fosse per questo, non mi sarei ritrovato a vivere un vero e proprio sogno, dal quale non mi sarei voluto svegliare mai».
Diventa, in breve, una colonna della squadra; con l’arrivo in panchina di Marcello Lippi comincia a fare incetta di trofei: scudetto e coppa Italia nel 1994-95, Supercoppa di Lega e Champions League la stagione successiva, Coppa Intercontinentale, Supercoppa europea e scudetto nel 1996-97, ancora scudetto nella successiva stagione.
Di Livio diventa presto “Il soldatino” in quanto sempre ligio alle consegne dei suoi allenatori, che lo stimavano a tal punto da volerselo portare sempre dietro. «Questo soprannome è stata la mia fortuna. Ormai tutti mi chiamano così, persino mia figlia Alessia. Mia moglie mi raccontò che una volta, vedendomi in televisione, disse: “Mamma, guarda com’è piccolo papà”. Tutta colpa di Peruzzi e Maldini !!! Infatti, durante gli inni nazionali, mi trovavo tra loro due e la telecamera che inquadrava i primi dovette abbassarsi di colpo, altrimenti sembrava che l’Italia giocasse in dieci!»
In campo, però, corre per quattro.
«Non avendo la classe di Del Piero, dovevo cercare di rendermi utile in qualche altro modo».
Le origini romane e romaniste. «Sono cresciuto alla Bufalotta, uno dei quartieri della capitale, e la mia prima squadra è stata la polisportiva che prende il nome del rione, nella quale ha giocato anche mio fratello Maurizio. Poi arrivò la Roma e la maglia giallorossa fu sin da subito una seconda pelle».
Il campionato 1998/99 è l’ultimo di Angelo con la maglia della Juventus; le cose vanno male, Lippi si dimette dopo una sonora sconfitta casalinga con il Parma. Si parla anche di un litigio fra l’allenatore e Di Livio; è un paradosso pensare che questo è stata la stagione che ha evidenziato maggiormente l’incredibile duttilità di Angelo, tanto è vero che Lippi lo schiera in varie occasioni da terzino vero e proprio, sia sulla fascia destra che su quella sinistra. «L’avere cambiato spesso ruolo è stato importante per me ed è stato il risultato di una serie di fattori: sicuramente le mie qualità tecniche e tattiche, ma soprattutto la bravura di Marcello Lippi. Con lui avevamo parlato spesso della possibilità di giocare in zone diverse del campo. E quando all’occorrenza mi chiese di ricoprire il ruolo di terzino sinistro, mi disse che secondo lui sarei stato assolutamente in grado di farlo. Quindi i complimenti per la buona riuscita dell'esperimento vanno ad entrambi».
Nell’estate del 1999, dopo aver indossato per ben 269 volte la maglia bianconera ed aver realizzato 6 goals, si trasferisce a Firenze. «È stato un po’ traumatico perché mi auguravo un prolungamento del contratto che non arrivò, ma questo fa parte del calcio. Ringrazio questa squadra e sono orgoglioso di avere indossato questa maglia. Gli anni a Torino sono stati importantissimi per me. È stato un onore poter difendere i colori bianconeri. A Firenze non ci sono state contestazioni nei miei riguardi, ma all'inizio un po’ di freddezza sì. Poi pian piano, conoscendo il giocatore, l’uomo ed il mio attaccamento alla maglia, è andato tutto per il verso giusto».
In Toscana conosce anni bui, compresa la retrocessione in C2, per il fallimento della società. Angelo decide, comunque, di vestire la maglia viola, essendone il capitano, per poi essere scaricato l’anno successivo.
Con la Nazionale ha esordito a Udine, il 6 settembre 1995, in Italia-Slovenia 1-0; ha preso parte agli Europei in Inghilterra nel 1996 ed ai Mondiali di Francia nel 1998 e di Corea nel 2002, totalizzando 40 presenze.