Avanti il prossimo: La confessione interista in novanta caratteri

08.11.2016 07:45 di  Leonardo Labita  Twitter:    vedi letture
Avanti il prossimo: La confessione interista in novanta caratteri

Ieri, è cambiato il mondo, in pochi forse l’hanno percepito.

Ieri, è accaduto ciò che sembrasse ormai essere destinato a rimanere un sogno.

Ieri, è come se in un colpo solo e in modo del tutto naturale e razionale, la saggezza mista a intelligenza, avesse fatto visita a chi da anni teneva la porta chiusa.

E' bastato un fotogramma, è stato sufficiente uno sguardo distratto rivolto alla tv, alla fine di quella che poteva apparire come una delle tante domeniche autunnali calcistiche.

E' bastato leggere e rileggere, con stupore; per poi rifarlo ancora una volta per esserne sicuri.

E' bastato uno striscione di bassa qualità, come il cartone, è stato sufficiente un pennarello un po' sbiadito, come una maglia celebrativa di un preistorico triplete, per rimanere storditi come dinanzi al passaporto di Recoba.

"C'è un inglese, un cinese e un indonesiano che vogliono farci tornare a essere la barzelletta d'Italia”, firmato Curva Nord Inter.

In meno di novanta caratteri, il povero interista è autore di una confessione inattesa.

Per colpo di scena, degna dei migliori libri gialli, per la semplicità con la quale viene fuori, da far invidia alle mitiche confessioni che, solo la signora in giallo, riesce a far tirare fuori ai suoi sospettati.

In meno di novanta caratteri, la tanta polvere adagiata sulla corteccia celebrale del tifoso interista, seconda sola a quella depositata dal lontano 2010 su striscioni e sciarpe celebrative, è come spazzata, messa a tappeto, in modo incontrollabile, come una ripiegatura difensiva degna del miglior Gresko.

In meno di novanta caratteri, vanno in fumo Ronaldo e Iuliano, le interviste annuali di Gigi Simoni e i turbamenti di Toldo e Cordoba.

In meno di novanta caratteri, ognuno finalmente riconosce se stesso, in una sorta di autoaccusa che rasenta il pentimento, offerta all’intero mondo calcistico e inghiottito per sempre nella pancia del web: non c'è nessun rimedio per tornare indietro.

Non c'è nessuna prescrizione che possa coprire una confessione, ormai pubblica, non c'è nessun Guido Rossi che possa uscire un coniglio cartonato dal cilindro.

E' rimasta solo la consapevolezza che per alcuni minuti, in modo del tutto naturale, automatico e spontaneo, la parte calda del tifo nerazzurro, ha messo nero su bianco (guarda un po' !) una verità che solo loro tentavano di tenere nascosta.

Coloro che per anni hanno perso tempo nel “menarla” con il solito "mai stati in B" accompagnato dall'ever-green "triplete", hanno di pugno scritto la sacrosanta verità, accettandola ormai per sempre, senza scuse, in una sorta di autobiografia da far invidia a quella di capitan Icardi.

In quella definizione "barzelletta d'Italia", c'è l'essenza di tutto quello che da decenni ha rappresentato la più piccola delle squadre di Milano, in particolare per noi juventini; in quel riferimento temporale "farci tornare" c'è una confessione mista a un pentimento da far invidia alle storie di mafia.

Il popolo interista, ammette il suo ruolo e lo fa in modo palese e inconfutabile nella sua casa, a firma del tifo più caldo, in uno dei tanti momenti delicati della sua storia calcistica, capace di scrivere pagine di storia inimitabili, dal fresco e innovativo casting per l'allenatore, fino a ritornare indietro al lancio del motorino in curva e al fantozziano 5 maggio.

Il popolo interista, ammette il suo ruolo e conferma di essere quello che il popolo bianconero già sapeva da anni, una parte fondamentale per la goduria dello stesso.

Costretto e destinato a restare sempre indietro, per manifesta inferiorità.

Perché nello sport, nel cinema e nella vita in generale, gli esempi sono tanti di quelle coppie formate da vincenti e perdenti, capaci e incapaci, coraggiosi e fifoni.

L’Inter per la Juve diventa come Barrichello per Schumacher, come Jerry per Tom, come Peppino per Totò.

E' già che ci sogna un prossimo striscione che accanto al famoso "mai stati in serie B" riporti "grazie alla prescrizione e al patteggiamento per i passaporti falsi".

Nel frattempo ci gustiamo quest'ammissione, ridendo a crepapelle nell'immaginare la scena che ritrae il tifo "caldo" interista, ammettere in mondovisione di essere (stati) la "barzelletta d'Italia".

Eppure abbiamo cercato di avvisarvi in tutti i modi, cantandolo, scrivendolo sulle sciarpe e in ogni social esistente: "Un anno da campione non cancella una vita da..."

Per il resto meglio farsi due risate, a proposito, la conoscete quella del tifoso che vinceva scudetti sotto l’ombrellone?