ANTONIO CONTE E LA SPERANZA DI UN CAMBIAMENTO POSITIVO
La Supercoppa italiana che lo scorso anno aprì ufficialmente la stagione calcistica nostrana se la contesero Inter e Roma: la spuntarono i nerazzurri nel prato verde del "Meazza" per 3-1 (21 agosto 2010). Il mattatore della serata fu Samuel Eto’o (autore di una doppietta), seguito a ruota da un incontenibile Wesley Sneijder.
Qualche ora prima dell’incontro Francesco Totti aveva virtualmente assegnato il pallone d’oro all’olandese (ricambiando i complimenti da lui ricevuti in precedenza a mezzo stampa), dichiarando: "Se non se lo aggiudica quest’anno in cui l’Inter finora ha vinto tutto… Senza contare che con l’Olanda è arrivato anche alla finale del mondiale".
Era trascorsa poco più di una settimana da quando Mario Balotelli aveva preso un volo diretto a Manchester per raggiungere Roberto Mancini - il suo ex allenatore - ed iniziare insieme a lui una nuova avventura nel City.
Il club dello sceicco Mansour bin Zayed Al Nahyan aveva confezionato una campagna acquisti da favola, sborsando una cifra superiore ai novanta milioni di euro per catturare i vari Kolarov, David Silva, Yaya Touré, Jerome Boateng.
A loro aggiunse, a distanza di poco tempo, lo stesso Balotelli e James Milner.
In quei momenti Mancini assegnò il ruolo di favorita per la successiva edizione della Premier League al Chelsea guidato dall’amico Carlo Ancelotti; a ruota l’avrebbero seguito lo United e i Citizens. Fermo restando la terza posizione raggiunta dalla sua squadra, a conti fatti il tecnico di Jesi sbagliò soltanto l’ordine d’arrivo delle prime due classificate.
In Italia, intanto, Massimo Moratti chiudeva la porta a Mascherano, ne lasciava socchiusa un’altra all’olandese Kuyt (richiesto da Benitez) e si mostrava sicuro sul futuro di un giovane talento nerazzurro: "Coutinho ci divertirà".
Mancavano ancora una decina di giorni alla chiusura ufficiale di quella sessione estiva di calciomercato, e le duellanti del "Meazza" sembravano rappresentare quanto di meglio potesse offrire il nostro paese in materia di calcio.
A Barcellona i segnali della frattura tra Ibrahimovic e Guardiola continuavano ad essere sempre più numerosi, tanti quanti furono gli inviti che i tifosi del Milan rivolsero a Klaas-Jan Huntelaar per togliersi gentilmente dalle scatole e lasciare spazio nel reparto offensivo rossonero al possibile arrivo dello svedese.
Nella Torino bianconera era atterrato con un volo proveniente da Mosca Milos Krasic ("Juve? It’s a dream. It’s my dream team", furono le sue prime parole) ed erano stati allacciati i contatti per l’arrivo di Aquilani, il giocatore (ritenuto) ideale da sistemare in cabina di regia nella squadra affidata a Luigi Del Neri. L’accordo prevedeva un prestito con diritto di riscatto dal Liverpool, anche perché il budget disponibile per fare la spesa era ormai esaurito. Ai tifosi, che lamentavano un eccesso di "quantità" al posto della "qualità" da loro attesa, veniva fatto notare che in Europa (in quei frangenti) soltanto Manchester City e Real Madrid avevano investito più di Madama. Preso il serbo, in automatico caddero le candidature dell’olandese Elia e del brasiliano Bastos, accostati più volte alla Vecchia Signora durante la scorsa estate.
Da una Supercoppa italiana all’altra, in finale - questa volta a Pechino - l’Inter si è trovata di fronte il Milan del caro nemico Ibrahimovic, trionfatore dell’ultimo scudetto.
Sneijder ha messo a segno il goal del momentaneo vantaggio iniziale dei nerazzurri in quella che potrebbe essere la sua ultima partita con quella maglia. Caso vuole che il suo esordio in Italia coincise proprio con un derby della Madonnina: accadde il 29 agosto 2009, e la squadra allora guidata da Mourinho chiuse la gara con un perentorio 4-0. A Samuel Eto’o stavolta non è rimasto che guardare lo svedese alzare il primo trofeo stagionale, ulteriore segno - probabilmente - della fine di un predominio calcistico all’interno dei confini italici.
Se per l’olandese si parla con sempre più insistenza (al netto delle smentite di rito) di un trasferimento (pure per lui) al City di Mancini, anche le certezze della permanenza all’Inter dell’attaccante camerunense iniziano a vacillare.
Mario Balotelli, trascorso un anno in Inghilterra diviso tra infortuni, freccette, multe, goals e polemiche di varia natura, si è reso conto che a Manchester non sta bene e che la città non gli piace. Si riprende così a parlare di un suo ipotetico ritorno a Milano, sponda rossonera, in compagnia (forse) di Alberto Aquilani, nel frattempo rientrato a Liverpool e in predicato di essere il benedetto "Mister X" di cui Galliani si diverte a parlare da mesi.
Lo stesso vice presidente vicario del Milan ha recentemente evidenziato il declassamento del nostro campionato da ristorante di lusso a pizzeria, nella quale capita anche che qualche cliente scappi nel momento in cui gli viene presentato il menù delle partite stagionali, salendo su uno scooter guidato da un ragazzino sconosciuto fermato all’improvviso. Analizzati mali, malesseri e difficoltà della serie A, Galliani ha poi indicato nella costruzione degli stadi di proprietà uno degli strumenti indispensabili per rilanciare le società italiane e riproporle ai massimi livelli in Europa.
Il primo nel nostro paese sarà proprio quello della Juventus, ed è talmente tanta la voglia di scoprirlo da parte dei diretti protagonisti da spingere il suo allenatore a confessarlo apertamente una volta letto il calendario delle prime gare della prossima stagione: "… più di ogni altra, non vedo l’ora di giocare la sfida contro il Parma, alla seconda giornata, nel nostro nuovo stadio".
Stadio nuovo, vita vecchia: questa è la speranza dei tifosi bianconeri. A tre settimane dalla ripresa dei giochi, con un calciomercato da completare sia in entrata che in uscita, interrogato sulla concorrenza che vedrà coinvolti alcuni tra i suoi giocatori sulla linea mediana del campo lo stesso Conte ha ammesso: "Ci sono centrocampisti molto bravi, e lo devono essere tutti perché la Juve deve tornare a essere la Juve: altrimenti resterà una provinciale".
Tracciata definitivamente le linea di partenza, adesso non resta che fare dei passi in avanti.
Per far sì che qualcosa, in positivo, stavolta cambi davvero.