Leggo - Conte, tanto lavoro e gol a raffica. Plebiscito per il nuovo tecnico Juve
Cultura del lavoro, gioco offensivo, mediani rubapalloni, pressing asfissiante, ali guizzanti e spesso invertite: a destra un mancino, a sinistra un destro. E’ il calcio secondo Antonio Conte: l’importante è vincere, e buonanotte a De Coubertin. Non è un caso se la figlioletta del nuovo tecnico bianconero si chiama Vittoria. Se Conte riuscirà a trasferire il suo metodo collaudato a Bari e Siena, la sua Juve sarà compatta, grintosa e arrembante. Il prefisso non cambia, 4-4-2, che in fase d’attacco si trasforma in 4-2-4. Squadra all’attacco e gol a raffica: il suo Siena ha segnato più di tutti in serie B, 67 gol in 41 partite.
Lo schema: anziché rinviare di piede, il portiere gioca la palla sull’esterno incaricato di far partire l’azione e a innescare una punta o un’ala che, scaricato il pallone al centro, si propone in attacco. Il giro palla è rapido: tutto di prima, due tocchi al massimo. In fase difensiva, i due mediani vengono affiancati dalle ali e da una punta, in modo da formare una diga di almeno otto giocatori dietro il pallone.
La quinta scelta del club, incassati i no di Spalletti, Mancini, Mazzarri e Villas Boas, è la prima scelta del tifo bianconero. Anche i grandi ex votano Antonio (Conte).
«Un grandissimo trascinatore», secondo Lippi. «Una scelta coraggiosa», dice Capello. «Il migliore: ha la Juve dentro», garantisce Di Livio. Lo spogliatoio è già con lui: «Conte è l’ideale, l’incarnazione dello spirito juventino», sostiene Marchisio. «Il mister ha carattere, carisma e voglia di vincere», aggiunge Matri.
Un plebiscito, al quale ieri si è aggiunto il voto di fiducia di Marotta: «Conte conosce bene l’ambiente. Dopo aver vinto tanto da giocatore, dovrà ricalcare i suoi passi e dare credibilità e risultati che purtroppo mancano da tempo». Il tecnico ha dimenticato il torto che la Juve gli fece nel 2007 quando, ko in casa con lo Spezia nella penultima giornata della B, condannò il suo Arezzo alla C1. La Juve ha dimenticato il flop dell’allenatore in A, alla guida dell’Atalanta. Chi si ama, si perdona.