ADIEU, BLANC. BETTEGA PERO' RIMANGA
"Sei tifoso della Juventus? Facile: Lei vince sempre". Ebbene sì: fino al 2006 questo ritornello ha accompagnato le giornate del sostenitore bianconero standard, dalle semplici chiacchierate tra amici alle discussioni più accese. Dove non arrivavano i meriti della Vecchia Signora c’erano loro, gli arbitri, a dare una mano. Teneri e affettuosi, anche prima della comparsa delle intercettazioni sulle telefonate di Luciano Moggi (solo le sue, naturalmente), prima dello scudetto di cartone consegnato all’Inter dallo "smemorato" Guido Rossi e delle campagne denigratorie verso Madama dei media.
Quel "Lei" era la Juventus: o la si amava, o la si odiava. E’ sempre stato così (e sempre sarà), per i più forti. E il bello era proprio questo: la soddisfazione per una vittoria si univa alla consapevolezza della rabbia "degli altri", del mondo intero avverso a quei colori. Una sconfitta veniva considerata come un’onta da cancellare al più presto. E’ la Juventus, perbacco. O almeno, lo era.
Via (o costretti ad andarsene) Deschamps, Ranieri, Ferrara, Cobolli Gigli, Alessio Secco, Castagnini, chi più ne ha più ne metta: tutti responsabili di errori (grandi o piccoli che siano) che hanno contribuito alla fine di un progetto che di concreto, in realtà, non aveva nulla. Legato al nome di una persona, Jean Claude Blanc, che doveva essere la prima a farsi da parte, e che ora, grazie al suo addio (vicino o lontano) darà la possibilità alla nuova dirigenza di iniziare una (vera) rinascita della società bianconera.
Per mesi, se non per anni, alla ricerca di persone in grado di porre un limite all’irrefrenabile caduta verso il basso della Juventus, i tifosi hanno richiesto a gran voce l’ingresso (anzi, il ritorno) in società di Roberto Bettega (sia con cori di incitamento allo stadio che in internet, con petizioni su diversi forum). In questo momento, nella fase di rifondazione, sembra diventi difficile trovargli una (giusta) collocazione, causa una (ipotizzata) problematica "convivenza operativa" con Giuseppe Marotta, il probabilissimo nuovo Direttore Generale.
A Bettega era stato chiesto di "salvare il salvabile": se nella pratica non è riuscito a risollevare le sorti di questa stagione disgraziata, non è corretto attribuirgli più colpe del dovuto. Il suo raggio d’azione si è rivelato molto limitato, con cotanta invadenza (e competenza…) intorno a sé. Prova ne sia che Andrea Agnelli, adesso che ancora non si è ufficialmente insediato come Presidente, ha già fatto un’opera di pulizia "quasi" totale in seno alla dirigenza, come base per un futuro migliore (e per poter lavorare seriamente…). Senza soldi (e in mancanza di un’adeguata struttura alle spalle) l’ex Bobby-gol è riuscito - se non altro - a portare a Torino Antonio Candreva (in prestito con diritto di riscatto della metà del cartellino). Paolucci? Avrebbe preferito Lanzafame. Ma in quei momenti anche il Parma e il Siena (era stato richiesto pure Ekdal) riuscivano a fare la voce grossa contro i bianconeri. Ferrara poteva essere cacciato prima? Certo. Ma Zaccheroni ha fatto meglio di lui?
Il "traghettatore" sarebbe potuto arrivare a dicembre, per avere la possibilità di sfruttare al meglio la sosta natalizia? E chi lo diceva a monsieur Blanc che la prima mossa da fare sarebbe stata quella di bruciare la sua ennesima scommessa persa in onore al "guardiolismo all’italiana"? Era la società a dover essere cambiata, da cima a fondo. Proprio quello che sta iniziando a fare il nuovo Presidente: è da lì che nascono le grandi squadre. Come in tutte le aziende che funzionano a dovere, un dirigente che accumula risultati disastrosi per anni deve essere accompagnato alla porta e salutato. Bettega, in tutta sincerità, non sembra rispondere a questi criteri; Blanc, invece, sì. Ovviamente…
Ironia della sorte (se non fosse che non c’è nulla da ridere), nella stagione dei record negativi ben otto giocatori bianconeri sono presenti nella (prima) lista dei trenta convocati per la spedizione sudafricana. Oltre a loro si sarebbero potuti aggiungere Legrottaglie, che non ha confermato quanto di buono ha fatto vedere nelle scorse stagioni, Amauri, che si è perso nei meandri della burocrazia per ottenere il passaporto italiano (senza adeguati rifornimenti in campo, poi), e Del Piero, che avrebbe avuto necessità di giocare una stagione intera per (almeno) provare a convincere Lippi a chiamarlo. Il numero degli azzurri tinti di bianconero potrebbe rimanere inalterato - in ogni caso - anche a fine mondiale. Anche aumentare: a patto che qualcuno arrivi (o torni) a Torino (Criscito, Palombo, Cassani, Marchetti, Maggio, Pazzini tra i più indiziati), che qualcun altro non se ne vada (Buffon in primis) e considerando pure chi andrà via (Cannavaro, Grosso e Camoranesi). Le nazionali vincenti, storicamente, hanno sempre avuto uno zoccolo duro di giocatori della vecchia Signora. In questa occasione può essere un handicap, se rapportato a cosa è capitato nel campionato appena concluso. A Lippi il compito di rigenerarli; ai tifosi juventini quello di non rodersi il fegato quando li vedranno correre come non hanno fatto, salvo rare eccezioni, da qualche mese a questa parte.
"Sei tifoso della Juventus? Facile: Lei vince sempre". No, non è facile. Perché Farsopoli, con tutte le sue conseguenze, è stato un peso enorme da digerire. E perché ora sembra non essere più in grado di farlo. Ad oggi - di Juventus - sono rimasti soltanto il nome e i colori della maglia. Con la sconfitta di ieri sera nell’ultima giornata di campionato, "l’era Blanc" è davvero finita. Adesso basta piangersi addosso. Ovviamente ci vorrà del tempo, dato che si ripartirà - inevitabilmente - da zero. Fare meglio di questa stagione è sin troppo facile.
Ma l’imperativo è, e rimarrà sempre, quello di tornare a vincere.
Nell’immediato: di riprendere, al più presto, ad essere "la" Juventus.
Sembra poco, ma non lo è per niente.