MOURINHO E IL RUMORE DEL NEMICO...
Il rumore del nemico sta a Mourihno come l’adrenalina ad un atleta che deve affrontare una prova delicata.
Quel pericolo che arriva da lontano e che viene immediatamente sentito, metabolizzato e trasformato in stimoli. Vincenti. E’ sempre stato così, per l’allenatore portoghese. Quest’anno, poi, è andata anche peggio dello scorso. Tutto aveva avuto inizio prima ancora della partenza di questa stagione: era bastato un pronostico estivo di Lippi sulla vincitrice del campionato (la Juventus) per scatenare la sua reazione. Lippi chi? Quello che aveva pranzato con Blanc a Recco per programmare la squadra bianconera dell’anno venturo? Quella che poi avrebbe dovuto vincere lo scudetto? Proprio lui che a Torino sarebbe dovuto tornare alla conclusione dei mondiali in Sudafrica? Meglio sollevare un polverone intorno ad una semplice risposta dell’attuale C.T., in merito ad una (altrettanto) banale domanda di fine agosto. Non si sa mai.
Anche la stesura del calendario aveva suscitato polemiche: quel Milan-Juventus all’ultima giornata destava sospetti. Tanti, troppi. E se una delle due fosse finita avanti di poco all’Inter prima della tappa decisiva, cosa sarebbe potuto accadere? Fin troppo facile prevederlo: loro, le due potenze che gestivano il calcio prima del terremoto del 2006, avrebbero potuto allearsi nuovamente per un giorno, quello decisivo, in barba a chi con Farsopoli ha creato le proprie fortune. L’egemonia biancorossonera spezzata, così come auspicava Giacinto Facchetti nel suo memoriale, poteva tutto ad un tratto ripresentarsi nella sua veste peggiore.
Ma quelli erano altri tempi, quando il calcio italiano apparteneva a due sole squadre, mentre Mourinho si esibiva in quello portoghese. Con il Porto degli scandali. Ora la Serie A è diventata il parco divertimenti dell’armata nerazzurra: negli ultimi quattro anni soltanto la Roma, in due occasioni, ha (veramente) provato a contrastare un dominio totale. Quando l’obiettivo sembrava ad un passo, prima gli "aiutini" poi gli "harakiri" hanno dato la spinta finale verso il tricolore. Ai giallorossi, quest’anno, non credeva nessuno: via Spalletti dopo la sconfitta interna contro la Juventus (di un Diego stellare, mai più visto così), con l’arrivo di Ranieri è incominciata la rincorsa. Comunque vada, un bel "chapeau" a chi ha condotto i capitolini per (quasi) tutto il campionato. La caduta interna contro la Sampdoria è figlia della stanchezza per una rimonta (durata sette mesi) da record.
Il rumore del nemico Mourinho lo ha ascoltato anche quando ha dovuto subire le critiche dello Zaccheroni opinionista (prima ancora che traghettatore dell’ennesimo nuovo corso bianconero) in merito ad un atteggiamento troppo remissivo dell’Inter contro il Barcellona nel settembre scorso. La risposta? Nel suo stile: "critica e dimentica il proprio passato. Ricordo che lui ha perso 5-1 in casa con l’Arsenal ed è ricordato nella storia dell’Inter per questa memorabile sconfitta. Questa persona viene a darmi lezioni di calcio e mi dice come devo giocare spacciandosi per fenomeno (stagione 2003/2004, Champions League, ndr)".
Incerottata sino al collo per tutta la stagione (e non è la prima…), senza una parvenza di gioco, con una preparazione estiva talmente lacunosa da presentare sin da subito il conto, indecisa sino a gennaio se giocare ogni partita con il centrocampo a rombo o col trapezio, la Vecchia Signora ha deciso di invertire nuovamente la rotta (a campionato in corso): via Ciro Ferrara, dentro Alberto Zaccheroni. Perché non si poteva puntare su Guus Hiddink: un’operazione troppo onerosa per una società che, di lì a qualche mese, sarebbe dovuta passare in mano ad un Agnelli. Solo allora ci sarebbe stato il (presumibile) ritorno all’antico: via i sorrisi, dentro la voglia di vincere; via l’improvvisazione, dentro la competenza. I risultati? Prima o poi arriveranno. Ad ora, si sta completando il progetto di un francese (Jean Claude Blanc) dal futuro (prossimo, si spera) fatto di un veloce ritorno a casa: ha creato più danni lui in quattro anni che Guido Rossi e i suoi fratelli in una sola estate.
Il Milan? No, quello non fa più rumore. Dalle invenzioni di Ronaldinho alle fantasie di qualche arbitro: i rossoneri hanno provato a stare dietro ai nerazzurri sino a quando il vento è andato nella giusta direzione. Poi, (anche) per sopraggiunti limiti tecnici e atletici, è rimasta la consolazione del terzo posto. Utilissimo per evitare i preliminari di Champions League, un po’ meno per chi si illudeva (e illudeva) che bastasse un giovane rampante in panchina a rivitalizzare un gruppo orfano di Kakà e Maldini. A proposito del brasiliano: inutile che il Milan si giustifichi sempre sui motivi che l’hanno spinto a cederlo al Real Madrid. Piuttosto spieghi ai suoi tifosi perché non ha creduto sino in fondo a Gourcuff, visto che l’avevano in casa e che le avvisaglie della cessione illustre erano presenti da tempo. O forse è proprio parlando spesso di Kakà che si cerca di nascondere l’errore compiuto con il francese?
Il rumore dei nemici Mourinho l’ha sentito forte e chiaro sino a poco tempo fa: sorpasso della Roma in campionato, un Barcellona (stellare) da affrontare in semifinale di Champions League, la Fiorentina da battere in Coppa Italia prima di incontrare (nuovamente) i giallorossi nella finale secca dell’Olimpico. Là dove il primo titolo adesso è arrivato, e la strada è spianata anche per la conquista dei prossimi due. Bayern Monaco (in Europa) e Mezzaroma (in Italia) permettendo.
Superati gli ultimi ostacoli, spariranno anche i rumori dei nemici. Il tecnico portoghese avrà tutto il tempo a disposizione per decidere il suo futuro: (ancora) Inter o Real Madrid. No, questa volta l’ipotesi spagnola non è più una bufala (per farsi aumentare l’ingaggio da Moratti). Nel frattempo potrà per ascoltare in totale serenità le ultime intercettazioni "irrilevanti" uscite in quest’ultimo periodo. Interessanti davvero: da violazione dell’articolo 7 (ex-6), per intenderci….