Dalla panchina di corso Re Umberto ai ristoranti di Blanc
E’ nata da un’idea concepita su una panchina di corso Re Umberto, a Torino, da parte di alcuni studenti del liceo Massimo D’Azeglio. La stanno distruggendo dai tavoli dei ristoranti, più di cent’anni dopo. Una storia gloriosa, leggendaria, quella della Vecchia Signora del calcio. Del "calcio", s’intende, non solo quello italiano. Vittorie epiche, sconfitte storiche, giocatori consegnati agli album delle imprese di questo sport. Un nome "diverso" dagli altri: Juventus. A qualcuno bastava soltanto leggere la lettera "J" in qualche titolo di giornale per emozionarsi.
Dalla cenetta romantica di John Elkann con Blanc nel dicembre del 2004 a Marrakech a quella goliardica dello stesso francese con Lippi a Recco: due innamoramenti fulminei, che stanno rovinando una poesia durata più di un secolo. La passeggiata nell’inferno (altro che purgatorio) della serie B doveva essere "l’inizio della fine" delle sofferenze: ne è stata solo l’antipasto. Questa è un’agonia: pura, vera, senza mezzi termini. Milioni di euro buttati al vento, giocatori deprezzati, "marchio" svalutato.
Lo scorso luglio sembrava fosse finalmente risorta dalle ceneri di Calciopoli; da novembre in poi si è capito come si fosse trattato soltanto di una pia illusione. Non c’è grande squadra senza una grande società alle spalle: è una regola non scritta, (quasi) naturale (Inter esclusa). A nulla serve acquistare buoni (o ottimi) giocatori: nel caos più totale, sfigurano tutti. Se poi ci si aggiungono dei bidoni… Di leader veri ne sono rimasti pochi. Uno, Nedved, non ne vuole sapere di tornare ora, anche se in altre vesti. Non è un caso.
Passano tutti, sui resti bianconeri: in casa come fuori, dalle grandi alle piccole squadre. Oltre il Parma, solo l’Inter - nelle ultime partite - non c’è riuscita: c’è sempre tempo, spazio alla Coppa Italia. In campionato, l’eccezionale rivalità tra le due squadre è stata la spinta indispensabile per vincere la gara. Così tanto forte da lasciare "scarichi" i giocatori nel successivo incontro con il Bayern Monaco. L’importante era battere i nerazzurri: bene, risultato ottenuto.
Poi, se si perde anche le altre gare, fa lo stesso. Pazienza. Spirito da provinciali: questa non è mentalità da Juventus. Ma questa "non è" la Juventus.
Si rimpiange Ranieri: non Lippi (allenatore), Capello o Trapattoni. Anche questo è un segno dei tempi che cambiano. Un conto è il comportamento tenuto dalla società (Blanc, nulla più) nei suoi confronti, un altro sono gli errori che il tecnico romano ha commesso nel suo percorso in bianconero ed i limiti che ha fatto (intra)vedere. Sino agli ultimi due mesi della sua permanenza a Torino: fino a quando, in campo, (alcun)i giocatori hanno iniziato a mollare la presa, mentre gli avversari imperversavano - senza pietà - da ogni dove. Perché anche i calciatori hanno le loro colpe. Quando un management è debole, o più semplicemente assente, vige l’anarchia più totale. I risultati, di conseguenza, sono quelli sotto gli occhi di tutti.
Inter-Juventus, quarti di finale di Coppa Italia: da una parte un allenatore (Mourinho) gasato dalla recente vittoria nel derby e desideroso di farsi un regalo di compleanno battendo un’acerrima rivale (dei suoi tifosi); dall’altra, il giovane Ferrara, vittima della sua stessa voglia di non arrendersi di fronte all’evidenza dei risultati negativi conseguiti e di una dirigenza che si è fatta trovare impreparata all'impossibilità di concretizzare un “progetto” senza capo né coda.
Un’assurdità: Ferrara in panchina quando non è (ormai) più allenatore della sua squadra. Non perché la stagione sta per volgere alla sua naturale conclusione, ma per semplice mancanza di immediate alternative. Un’altra, che si va a sommare a quella dello scorso anno: se già era anomalia - per i bianconeri - esonerare un allenatore in corso d’anno, farlo a due giornate dalla fine del campionato, cos’era?
Si cambiano gli allenatori, ma i veri responsabili di questo scempio continuano a rimanere saldamente ancorati nelle loro posizioni.
Nel 1897 nacque una leggenda, di nome Juventus. La sua storia è rimasta ferma al 2006. E non sarà soltanto un nuovo allenatore a scriverla. Ci vuole, soprattutto, una società.
Charles D'Hericault: "Signore, difendimi dagli amici: ai nemici posso pensarci io". A buon intenditor…