Il codice etico di Prandelli non vale per El Shaarawy
Oramai ci si è quasi abituati a questo famigerato "codice etico" di Prandelli, una sorta di ghigliottina mediatica e sportiva che si abbatte su chi lo infrange. Ma di cosa si tratta? Si potrebbe riassumere il tutto nel senso di sportività e di lealtà che devono promuovere i giocatori che fanno parte del giro della nazionale.
Una bella idea, sicuramente, anche se vale di certo per un'amichevole o per una partita inutile di qualificazione mentre tende ad essere meno rigido per quanto riguarda le gare più importanti.
Fatto sta che Bonucci, a causa della reazione post Juventus-Genoa, è stato lasciato fuori. Il suo comportamento, per quanto possa essere giustificato a caldo, bisogna ammettere che non è stato dei più "sportivi", sempre che per "sportivo" si intenda avere cieca fiducia nell'operato dei direttori di gara, anche quando quelli dicono di "non sentirsi" di dare rigori grandi come una casa per non si sa quale motivo.
Fa specie, invece, che El Shaarawy resti rappresentante dell'etica sportiva di questa nazionale. Ieri sera si è accorto lui stesso che il rigore concesso da Valeri era un regalo, tanto da non esultare dopo che Balotelli lo ha realizzato. Probabilmente gli è anche passato per la testa di dire all'arbitro che non c'era alcun fallo, ma non l'ha fatto. Di sportivo nel rubare due punti c'è davvero poco. Di leale ancora meno. Di etico, poi. Ma per Prandelli è tutto a posto, per i giornali c'è poco da dire: i commenti sono a corrente alternata, come le accuse: cambiano da squadra a squadra.
E' l'Italia, signori, e non solo del calcio.
Twitter: @danigamberini